A Silvia di Leopardi

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    A Silvia
    A Silvia è l’inizio di una nuova stagione poetica, tra il ’28 e il ’30. Questo canto, composto a Pisa nel 1828, è dedicato a una fanciulla che il poeta realmente conobbe, forse Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta di tisi nel 1818.
    Ma non è una funebre commemorazione, non è neppure una canzone per Silvia: è una confessione del poeta. Nasce questo lungo e commosso colloquio con Silvia, la cui morte prematura diventa il simbolo delle speranze stesse del poeta, diminuite all’apparire della terribile verità della condizione umana. Tutto il canto è costruito sulle esperienze parallele della giovinezza di Silvia, precocemente troncata dalla morte, e delle illusioni del poeta. L’immagine della donna si smorza nel mito della speranza.

    PARAFRASI
    Silvia, ricordi ancora quell’epoca della tua vita, quando la bellezza risplendeva nei tuoi occhi gioiosi e schivi, e tu, serena e assorta al tempo stesso, eri sul punto di oltrepassare la soglia della tua gioventù?
    Le stanze quiete risuonavano, e le vie intorno, al tuo canto ininterrotto, quando sedevi intenta ai lavori femminili, assai contenta di quel futuro indeterminato che avevi in mente.
    Era il maggio profumato: e tu solevi trascorrere così il giorno.
    Io, interrompendo momentaneamente i piacevoli studi e gli impegnativi lavori, in cui si consumavano la mia gioventù e le mie forze migliori, dai balconi della casa paterna tendevo le orecchie al suono della tua voce, e alla mano veloce che percorreva con fatica la tela.
    Guardavo il cielo sereno, le vie illuminate dal sole e gli orti, da una parte in lontananza il mare, e dall'altra i monti.
    Le parole non possono esprimere il sentimento che provavo nel cuore.
    Che pensieri soavi, che speranze, che sentimenti, o mia Silvia!
    Come ci sembrava felice la vita umana e il destino!
    Quando mi ricordo di una speranza così grande, mi opprime un sentimento doloroso e di sconforto, e torno a compiangere la mia sventura.
    O natura, o natura, perché non restituisci in maturità ciò che prometti in giovinezza? Perché inganni così tanto i tuoi figli?
    Tu prima che l'inverno inaridisse le erbe, consumata e uccisa da una male oscuro, morivi, o grazia.
    E non vedevi il fiore dei tuoi anni; e non ti rallegrava né la dolce lode dei tuoi capelli neri, né i tuoi sguardi innamorati e schivi; né le compagne nei giorni festivi parlavano d'amore con te.
    Da lì a poco sarebbe sparita anche la mia dolce speranza: anche ai miei anni il destino negò la giovinezza.
    Ahi come, come sei svanita, cara compagna della mia gioventù, mia speranza compianta!
    E’ questo il mondo sognato? Sono queste le gioie, l'amore, le attività operose, gli avvenimenti di cui tanto parlammo insieme? E’ questo il destino degli esseri umani?
    Al rivelarsi della realtà, tu, misera, moristi: e con la mano indicavi da lontano la morte fredda ed una tomba desolata.

    COMMENTO
    La lirica è di sei strofe a lunghezza varia. Settenari ed endecasillabi si succedono secondo le esigenze dell’ispirazione e la rima non ha schema prestabilito. L’unico elemento di regolarità è dato dal ripetersi del settenario alla fine d’ogni strofa. Nel settimo verso c’è un enjabement le quiete stanze e anche nel decimo intenta sedevi. Nel sedicesimo verso c’è una metonimia le sudate carte. Le carte, cioè gli studi, che costano fatica, sudore. Nel ventiduesimo verso c’è un’altra metonimia la faticosa tela. La tela in altre parole si riferisce al lavoro al telaio che è frutto d’assiduo lavoro e quindi faticosa.




    A SILVIA: questa poesia, facente parte dei "Grandi Idilli" viene poi presa nella raccolta dei "Canti".
    Canzone libera di sei strofe di endecasillabi e settenari, con rime alternate e baciate, la cui posizione è libera, come libera è anche la lunghezza delle strofe, ad imitazione del Tasso.
    Silvia è il nome della protagonista dell'Aminta del Tasso e nel suo nome spesso i critici hanno visto la presenza di teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta di tisi il 30 settembre 1818. Nella prima strofa, il poeta si rivolge a Silvia, ormai morta, per chiederle se ricorda quando "ridente" e "splendida" si affacciava a salire la soglia della gioventù; nella seconda strofa, Leopardi ricorda la primavera il "maggio odoroso", e i suoni della casa, animata dalla sua presenza; nella terza strofa, si ricorda sui libri, mentre ogni tanto "porgea gli orecchi" al suono della sua voce; poi il poeta descrive la primavera, come metafora di un’epoca felice, spensierata e sognante; Nella quarta strofa il poeta ricorda, con una nostalgia "acerba e sconsolata" la sue giovinesche speranze e si rivolge, ormai desolato alla natura, chiedendogli il motivo della sua indole crudele e ingannatrice..
    nella quinta strofa esprime, con una serie di negazioni, una malattia che gli ha portato via i giorni più felici della sua giovinezza, la sua gioia, il suo amore. Nella sesta strofa dice che con la morte di Silvia morì anche la speranza e pone, a questa una serie di domande retoriche, sovrapponendo la figura di Silvia alla speranza, caduta nella "fredda morte"; quindi negli ultimi quattro versi vi è il sunto di tutta la poesia ... e Silvia, tutt’uno con la speranza scopre l’inganno della natura per mostrare il destino di tutti gli uomini, un destino di morte e sofferenza.
    In Leopardi la primavera e l’inverno, hanno un ruolo simbolico, la prima tempo di speranze, di gioia, la seconda rispecchia la delusione e la morte; quindi una natura così mutevole, viene vista come una ingannatrice, prima fa intravedere nei loro occhi un futuro felice, poi gli toglie anche l’amore.

    A SILVIA – Giacomo Leopardi-

    - La canzone si apre con il verbo rimembri; a quale tempo della vita si riferisce il poeta?
    Il verbo rimembri, che significa ricordi, è un termine fondamentale della poetica leopardiana della memoria. È un tempo presente che però si riferisce al passato, al tempo della vita mortale, quando, nel periodo della giovinezza, Silvia era ancora in vita, bella e felice (“...Silvia, rimembri ancora quel tempo della tua vita mortale, quando beltà splendea negli occhi tuoi ridenti...”).

    - Come viene presentata la natura? Trova le espressioni che la caratterizzano, definendone il significato.
    Le espressioni che caratterizzano la natura sono: “...O natura, o natura, perchè non rendi poi quel che prometti allor? Perché di tanto inganni i figli tuoi?...”
    Il poeta si rivolge alla natura dicendole: <o natura, o natura, perché non mantieni le promesse che fai, dando agli uomini maturi ciò che prometti quando sono giovani? Perchè così inganni i tuoi figli, cioè gli uomini?>.
    Qui emerge il passaggio dalla natura benigna a quella matrigna, che è indifferente alla sorte dei suoi figli.

    - Nella quarta e quinta strofa ci sono delle domande retoriche; quale sentimento il poeta vuole esprimere attraverso esse?
    Nella quarta strofa il poeta chiede alla natura perchè non mantiene le promesse fatte agli uomini, perchè le speranze e i sogni di gioventù sono solo illusioni e le loro aspettative sono cancellate dalla reltà dura e triste. La natura appare quindi ingannatrice (“...O natura, o natura, perchè non rendi poi quel che prometti allor? Perchè di tanto inganni i figli tuoi?...”).
    Nei versi 56-59 Leopardi si rivolge a Silvia nuovamente triste perchè la vita si è rivelata com’è senza dare spazio a speranze e illusioni e si domanda se è questo il mondo che aveva sognato da giovane (“...questo è quel mondo? Questi i diletti...la sorta dell’umane genti?...”).

    - Metti in evidenza tutte le correlazioni tra Silvia e il poeta; quali considerazioni ti suggeriscono?
    Nella seconda e nella terza strofa, attraverso la memoria, è rievocata l’età della giovinezza, della speranza di entrambi, delle illusioni, sia in Silvia che nel poeta (“...sedevi, assai contenta di quel vago avvenir che in mente avevi...”) (“...io gli studi leggiadri talor lasciando e le sudate carte, ove il tempo mio primo e di me si spendea la miglior parte...”).
    Nella quarta strofa troviamo un’altra correlazione tra Silvia e il poeta: entrambi hanno in comune progetti e speranze (“...che pensieri soavi, che speranze, che cori, o Silvia mia! Quale allor ci apparia la vita umana e il fato!...”).
    Infine, le ultime due strofe rappresentano ancora Silvia e il poeta nel momento del crollo delle speranze, dell’apparire della verità, che mostra all’uomo il suo destino di morte. Alla giovinezza di Silvia, stroncata dalla malattia (“...da chiuso morbo combattuta e vinta...”), corrisponde per il poeta l’apparire dell’arido vero e la fine delle illusioni (“...Anche peria fra poco la speranza mia dolce...”).



    “A Silvia” , Giacomo Leopardi

    Il canto “A Silvia”, annoverato fra i Grandi Idilli, fu composto tra il 19 e 20 Aprile del 1828 durante il soggiorno pisano di Leopardi, dopo la realizzazione dell’ opera “Il Risorgimento” che aveva segnato una nuova stagione della poesia leopardiana.
    Leopardi, infatti, aveva avuto un periodo di stasi e il Risorgimento segna un momento della ripresa dell’ ispirazione dell’ autore.

    Silvia è interpretata dai critici in modo diverso.
    Alcuni ritengono che Silvia sia in realtà Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi, fanciulla della quale il Poeta è stato innamorato senza essere ricambiato. Altri critici sostengono, invece, che Silvia sia una costruzione psicologica (questa ipotesi è sostenuta dal fato che i richiami alla fisicità della ragazza siano quasi inesistenti).
    Sono, infatti, pochi i particolari estetici che Leopardi ci fornisce per darci un’immagine di Silvia e gli unici elementi che la descrivono sono gli “la beltà che splendea negli occhi ridenti e fuggitivi”, l’ atteggiamento ”lieto e pensoso”, le “negre chiome”, “sguardi innamorati e schivi”)
    L’ immagine di Silvia può “materializzarsi” solo attraverso questi unici richiami alla sua persona fisica, ma la beltà sembra uno stato dell’ animo più che un’ immagine fisica.
    Alcuni critici letterari, sottolineando questo aspetto, sostengono che Leopardi riprenda lo stile dantesco e che Silvia, come la Beatrice di Dante che accompagna il poeta in Paradiso ed è evocata nella sua spiritualità, sia descritta per le sue caratteristiche spirituali più che nell’ aspetto fisico.

    Sembra quasi di sentire quel canto soave che accompagna le “opre femminili” cui Silvia è intenta e di vedere la mano veloce della giovane che ricama, ma quel canto, così come l’ operosità, sembra sottolineare uno stato d’ animo di serenità e di pace e non ha nulla di fisico.

    Silvia rappresenta simbolicamente la giovinezza e le illusioni (il maggio odoroso sottolinea questa stagione della vita) e la sua morte (“pria che l’ erbe inaridisse il verno”) segna emblematicamente il cadere di ogni illusione all’ apparire del vero (v.43=52). Silvia muore prima di raggiungere l’ “età adulta” che metaforicamente rappresenta il momento della vita in cui l’ uomo consapevole della sua solitudine perde le illusioni.
    La natura matrigna che toglie ai suoi figli ciò che sembra promettere ingannandoli è un concetto che accompagnerà tutta la poesia leopardiana e il suo “pessimismo cosmico”. La condizione umana è quella dell’ infelicità e quando dall’ odorosa stagione si passa a quella “invernale” le illusioni sono definitivamente cadute e ciò che la natura sembrava promettere è solo un inganno, “questa è la sorte dell’ umane genti ?” .

    E’ per questo che nell’ ultima strofa possiamo identificare nella “cara compagna” non Silvia, ma piuttosto la speranza, o meglio la morte delle speranze.

    Silvia è così l ‘ emblema dell’ illusioni che recuperate dalla memoria non possono essere più vissute come nel periodo della giovinezza, il tempo trascorso, infatti, ha fatto cadere ogni illusione, ha messo a “nudo” la verità, e con la scoperta del vero, del dolore, degli affanni finisce quel momento della vita in cui tutto sembra promettere serenità, gioia, felicità in cui la dolce stagione, il profumo dei fiori estivi, il canto soave di una fanciulla, il silenzio sereno delle stanze assolate, il ciel sereno, le vie dorate, sono una promessa di un “avvenir” vago e spensierato .

    Ma quando il verno inaridisce l’ erbe, cade la speranza, cadono le illusioni e il “VERO” segna la fine dei “pensieri soavi” e il passaggio all’ ineluttabilità della condizione umana che Leopardi vive con disperata drammatica consapevolezza.
    C’è in Leopardi la consapevolezza della vanità dell’ effimero e della bellezza, la memoria richiama il passato che viene interiorizzato e proiettato secondo una visione amara, svuotato della bellezza che le immagini di quel momento della vita che sembra portare con sé solo pensieri soavi.

    La realtà che torna portando con sé le immagini del passato è priva di gioia e anche l’ amore sembra perdere la quell’ alone di mistero, di gioiosità, di calore che torna, a tratti a splendere dietro il sorriso luminoso di Silvia, ma sono solo illusioni e il poeta dice infatti che “agli anni miei anche negaro i fati la giovinezza”.

    Il paesaggio e lo sfondo che accompagna l ‘ azione sono primaverili, il cielo è sereno e il profumo “estivo” riempie l’ aria, il sole indora le vie. Con pochi elementi aderenti alla concretezza e con grande senso di vaghezza e di indeterminatezza, per quanto riguarda l’ aspetto sensoriale, il poeta sembra osservare questo paesaggio interiore legato al ricorso di Silvia.

    Il senso di indeterminatezza è sottolineato anche dall’ imperfetto che indica la continuità delle azioni nel passato, dunque un’ immersione nella durata indefinita dei sogni giovanili.

    Sogni giovanili che però sembrano frantumarsi al contato con la realtà.
    Il tempo che Leopardi rievoca è il tempo della memoria e delle illusioni. La continuità del “ricordo” è interrotta nelle strofe 4 e 6 dal presente: Leopardi non ricorda più, ma trae un amaro bilancio della sua condizione di uomo e protesta contro una natura matrigna che nega la gioia e fa “morire le illusioni”.

    Sintatticamente il poema presenta periodi brevi e concisi; poche subordinate, per lo più temporali (quando “beltà splendea”, “allor che all’ opre femminili intenta sedevi assai contenta di quel vago avvenir che in mente avevi”) che si ricollegano alle tematiche del ricordo, dunque del tempo trascorso.

    Nell’ ambito delle stesse frasi troviamo la ripetizione del gruppo fonetico vi, che si ricollegano a uno dei temi dell’ opera: gli occhi di Silvia (dallo sguardo sfuggente, timido, schivo)
    Ritroviamo anche la ripetizione di a e del gruppo a più nasale consonante, soprattutto riferiti al canto delle fanciulle.

    Infatti rimandano alla sensazione di vago e indefinito trasmessa dal canto stesso, dando cosi’ una suggestione che dilaga ulteriormente il suono. Leopardi ricorre all’ aggettivo possessivo tuo per far sentire la presenza insistente di lei che ritorna, che è presente ora nella rievocazione, nel pensiero.

    Va notata, come mettono in evidenza anche alcuni critici, la presenza di chiasmi che sembrano rendere più esplicito il rapporto tra dubbio e realtà. Presenti anche assonanze, aferesi ed enjament.

    Da un punto di vista tematico fondamentale è il senso del vago e dell’ indeterminato. La poesia è testimone di queste tematiche e stimola l’ immaginazione che tende all’ infinito (massima aspirazione di ogni uomo) ed allontana gli aspetti più brutti e meno significativi della realtà.
    L’ immaginazione interpreta la realtà e la filtra.

    Il filtro fisico è quella finestra paterna che isola il poeta dal mondo e lo aliena da esso, il confine con il mondo esterno è sottolineato dalla stanza (simbolo del mondo interiore del poeta).
    La finestra è un diaframma, cosi’ come la siepe nell’ Infinito diventa il confine dell’ infinito, il limite tra finito ed infinito. Il tema dell’ illusione dell’ immaginazione era già stato trattato, dal Poeta negli appunti dello Zibaldone e in altre odi, ma nella poesia A Silvia viene ripreso e interpretato come aspetto della condizione di tutti gli uomini e non come “stato d’ animo” del Leopardi.
    Il poeta supera il filtro fisico attraverso l’ immaginazione che è appunto un altro filtro.
    -Fusione di memoria e ricordo che sfumano in un senso di indefinito in cui il confine fra la memoria e la realtà, tra realtà e ricordo è appunto filtrato dall’ immaginazione.

    Le architetture sintattiche e ritmiche vengono sapientemente modulate con movimenti madrigaleschi, nella prima parte, con toni drammatici, nella parte conclusiva.

    Infine molto importante nella parte conclusiva è la tematica del “non dire”: una sfida al silenzio e al nulla.
    Il poeta si sente soffocato da numerose forze ostili a cui l’ uomo non riesce a reagire. L’ idea del nulla non è abbandono irrazionale ma lucida conquista della ragione Silenzio tombale che termina con la morte di Silvia.
     
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  2. ciciH
     
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    Amo questa poesia..
     
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1 replies since 25/4/2007, 10:29   13616 views
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