Confronto libro/film del Gattopardo

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    vicenda che porta alla pubblicazione de Il Gattopardo è degna lei stessa di un film viscontiano. Giuseppe Tomasi, duca di Palma e principe di Lampedusa non è uno scrittore, ma un uomo coltissimo e raffinato, che ama la scienza e la letteratura. A sessant'anni scrive un romanzo, Il gattopardo, appunto, che alcuni editori poco lungimiranti rimandano indietro, finché nel '58, un anno dopo la sua morte, il manoscritto, anonimo, giunge nelle mani di Giorgio Bassani, il quale si appassiona al libro, scopre chi è l'autore, conosce la di lui vedova e, infine, propone il testo a Feltrinelli. Il successo è immediato e poco dopo, nel '63, Visconti realizza da quel romanzo un film memorabile, che porta il nome di Tomasi di Lampedusa nel regno degli immortali: oggi brani del libro sono riportati in tutte le antologie scolastiche, e con pieno merito.

    Quel che maggiormente colpisce del breve romanzo - che racconta le vicende di una nobile famiglia siciliana negli anni dell'annessione della Sicilia al Regno d'Italia - è la sua semplicità e scorrevolezza, che non vanno però mai a discapito dell'accurata e acuta ricostruzione storico- psicologica. E' inoltre da sottolineare come la tragedia e persino l'orrore di certe scene riescano a fondersi con una sottilissima e quasi involontaria ironia che alleggerisce il dramma ( che nulla ha a che spartire col romanzo storico- famigliare romantico).

    Mai tedioso o pedante, Il gattopardo è un romanzo preciso, colto e gentile come il suo autore, che ha prestato al protagonista, il Principe di Salina, alcune proprie caratteristiche fisiche e caratteriali (l'amore per i cani e per l'astronomia, per esempio). Visconti sceglie la strada della trasposizione fedele : scarta solo un paio di episodi insignificanti e, soprattutto, lo mutila degli ultimi capitoli, la (bellissima, ma infilmabile) morte del principe e un malinconico, ma un po' fuori tono, "vent'anni dopo", mentre concentra la sua attenzione su tre capitoli: i garibaldini a Palermo; la famiglia in campagna, a Donnafugata, con l'incontro tra i giovani Tancredi ed Angelica e il plebiscito per l'annessione al Regno (una vera e propria lezione di storia che andrebbe proiettata in tutte le classi che studiano il Risorgimento); il ballo a Palermo, ambientato due anni dopo, nel 1862, dove l'estro registico di Visconti si scatena: un'ora di film per un'unica sequenza di immensa bellezza e grande significato. E qui si evidenzia la grande differenza tra libro e film: per quanto preciso, il romanzo è quasi un abbozzo; una volta che i dettagli vengono invece messi in scena e non semplicemente accennati, la storia prende tutto un altro respiro. Il film è lento, grandioso, solenne, anche se mantiene sempre una certa leggerezza che lo rende gradevole e mai noioso: è come se Visconti esplicitasse gli elementi decadenti del libro, secondo il proprio gusto.
     
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  2. **deBBy**
     
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    altro articolo: da pianetascuola.it

    IL ROMANZO E IL FILM: SOMIGLIANZE E DIFFERENZE

    Visconti si ispirò spesso a testi letterari che utilizzava per lo più come semplici canovacci, allontanandosene quanto a struttura e a senso. E’ per questo che Il Gattopardo appare una eccezione: Visconti infatti fu relativamente fedele, sia nei contenuti specifici che nella complessiva visione del mondo, al romanzo di Tomasi. Si registrano tuttavia alcune significative differenze. Abbiamo analizzato i contenuti generali dei due testi e quelli dei movimenti iniziali.
    I CONTENUTI

    Malgrado la materia del romanzo sia complessivamente rispettata, analizzando l'intera successione delle sequenze del film, si possono notare alcune significative differenze rispetto al romanzo: Visconti costruisce una architettura a blocchi narrativi per quattro grandi movimenti (a Palermo, verso Donnafugata, a Donnafugata, il ballo), analoga a quella del romanzo, ma alcune parti sono escluse nel film pur essendo presenti nel romanzo, mentre altre, escluse dal romanzo, sono introdotte ex novo nel film.

    Tra le prime:

    la visita di Padre Pirrone, che è il prete di casa Salina, a San Cono suo borgo nativo, e le sue conversazioni politiche con i villani, in cui definisce il concetto di aristrocazia (cap.V). Di questo episodio non sopravvivono che frammenti dell’incontro con i contadini e l’"erbuario"; ma l’incontro è trasportato in un’osteria sulla strada di Donnafugata;

    la morte del principe nel 1883 (cap.VII); questa esclusione non attenua tuttavia il profondo senso di morte che percorre il film che prelude e anticipa, soprattutto nella sequenza del ballo, la morte dl principe;

    la serie degli episodi successivi alla morte del principe Fabrizio, allorché rivediamo Concetta e le sorelle, ormai ragazze invecchiate (1910) e seguiamo la burlesca storia delle reliquie fasulle.

    Tra le seconde:

    vengono introdotti quadri che descrivono la battaglia dei garibaldini e della popolazione contro i borbonici; ci sono alcune allusioni alle fucilazioni dei disertori dell'esercito regio passati con Garibaldi; con questi motivi rivoluzionari e guerreschi, assenti nel romanzo, Visconti intese dare una maggiore concretezza allo sfondo storico del film; anche se gli episodi rivestono più un carattere evocativo-simbolico che documentario;

    è esaltata la scena del ballo palermitano a palazzo Ponteleone, la cui durata è da sola più d’un terzo (46') dello spettacolo (Visconti in un'intervista ad Antonello Trombadori, riportata in Suso Cecchi d'Amico, op. cit., pagg. 23-30, parlò di "dilatazione iperbolica"). La scena del ballo conclude il film ricomponendo i diversi motivi del romanzo ed è cosparsa dei segni in cui è prefigurato il corso futuro degli eventi.

    "E' l'episodio del ballo, questo lungo 'monologo interiore', che dà al film la sua dimensione più profonda, ne chiarisce il senso [...] ed enuncia definitivamente quello che ne è il tema sottilmente segreto, il Tempo [...]. La macrosequenza del ballo ha valenza riassuntiva, riepilogativa e conclusiva [...]. Tutto vi è risolto [...]. Da un lato Pallavicino, Tancredi e Sedara, ovvero la Storia, dall'altro la bellezza di Angelica, il senso della morte di don Fabrizio e il fascino crepuscolare di un rito al tempo stesso parossistico ed estenuante, ovvero l'Esistenza, sono immersi, senza gerarchie, in una struttura circolare, che la musica continuamente sottolinea ed esalta". (Lino Micciché)

    ANALISI DEL I CAPITOLO DEL ROMANZO E DELLA CORRISPONDENTE SEZIONE DEL FILM

    Se si pongono a confronto e in successione le sequenze del I capitolo del romanzo e quelle corrispondenti del film, si può notare come alcune sequenze del primo non compaiano nel secondo, altre siano state aggiunte e altre ancora occupino un posto diverso rispetto all'ordine del romanzo. Nel film sono rimasti in posizione di rilievo i personaggi dei protagonisti, principe, Tancredi e Padre Pirrone soprattutto, gli altri sono passati ai margini o sono stati esclusi. Sono eliminate le scene che riguardano l'attività del principe (contatti con gli amministratori, controlli delle merci portate dai contadini): il principe appare dominante ed esente dalle questioni della più banale quotidianità. Non sembra neppure particolarmente toccato dagli eventi che accadono e di cui (lettera del cognato Malvica, lettura del giornale) è a conoscenza: commenta con distacco e parte (nel film in immediata successione) per Palermo per raggiungere Mariannina.

    Il I capitolo del romanzo si apre e si conclude con il rosario, in modo chiuso e circolare; all'interno di questi momenti ritualistici, la vita si svolge uguale a se stessa e all'interno di quel mondo (unica eccezione è Mariannina, la trasgressione). La corrispondente sezione del film si apre con la descrizione, a piani sempre più ravvicinati, della villa Salina, per chiudersi con gli scontri di Palermo: dalla storia della famiglia rappresentata da quel palazzo solitario e dignitoso, alla storia in senso lato.
     
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1 replies since 24/1/2007, 16:22   6228 views
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