IL 1848 IN EUROPA E IN ITALIA

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  1. *la_debbO*
     
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    IL 1848 IN EUROPA E IN ITALIA (sintesi)

    Il 1848 segnò la crisi più grave del sistema politico creato nel Congresso di Vienna: gli equilibri territoriali, etnici e politici che avevano caratterizzato la Restaurazione crollarono nel biennio 1848-1849, anche se alla fine tutte le rivolte si risolsero in un sostanziale fallimento.
    Il 1848 fu dunque l’anno delle insurrezioni e delle rivoluzioni, che interessarono buona parte dell’Europa:

    - fu in Francia che ancora una volta si accese il fuoco della rivolta che travolse definitivamente la plurisecolare monarchia francese: cadde infatti l’ultimo re di Francia, quel Luigi Filippo d’Orleans che era salito al trono con la Rivoluzione di luglio del 1830.
    Dopo di lui non ci furono più altri re di Francia, poiché Napoleone III, che creò un regime militare nel 1851-52, assunse il titolo di imperatore.
    Il moto insurrezionale francese del ‘48 ebbe una notevole importanza non solo perché nacque la Seconda repubblica francese (la prima era stata quella giacobina del 1792) ma anche perché si manifestò in esso un aspetto nuovo, assente nelle precedenti ondate insurrezionali del 1820-21 e del 1830-31.
    Tale aspetto fu quello sociale, dovuto al ruolo determinante che svolse in quella occasione il proletariato parigino, che insorse contro la chiusura degli ateliers nationaux, ossia le fabbriche statali create dal governo repubblicano per dare lavoro ad operai e disoccupati.
    Il governo rispose a tale protesta con una spietata repressione avvenuta nel giugno del ’48 (“giornate di giugno”, 23-26) e condotta dal generale Cavaignac, che poi fu nominato capo del governo.
    Questa rivolta operaia fu una delle prime possenti manifestazioni del nascente movimento socialista francese ed europeo.
    Il proletariato francese, d’altra parte, era ormai abbastanza sviluppato e forte e già aveva avuto modo di manifestarsi nelle rivolte di Lione contro il governo di Luigi Filippo, avvenute nel 1831-34.
    Dopo la repressione del moto di giugno, fu approvata la nuova Costituzione, che ebbe un carattere spiccatamente presidenziale: il potere legislativo era esercitato da una sola camera eletta a suffragio universale maschile; quello esecutivo era concentrato nelle mani del presidente, eletto direttamente dal popolo ogni quattro anni, che ricopriva sia la carica di Capo dello Stato sia quella di Capo del governo.
    Nelle prime elezioni presidenziali, che si tennero nel dicembre del 1848, Luigi Bonaparte, grazie soprattutto ai voti dei contadini, ottenne una vittoria schiacciante e divenne presidente della repubblica.
    Nel maggio del 1849 si votò invece per il parlamento e anche in questa occasione prevalsero i partiti conservatori e tradizionalisti di destra, anche se l’estrema sinistra filogiacobina ottenne un inaspettato successo.
    Luigi Bonaparte condusse una politica sostanzialmente conservatrice e populista (= populismo è un termine moderno che sta ad indicare un tipo di governo sostanzialmente autoritario e conservatore, retto da una personalità carismatica che assume atteggiamenti paternalistici e cerca di attuare genericamente riforme “a favore” del popolo).
    Quando, sul finire del 1851, si stava avvicinando la scadenza del suo mandato, non essendo possibile la rielezione a presidente della stessa persona, in quanto la Costituzione lo vietava, Luigi Bonaparte organizzò un colpo di Stato.
    Con il sostegno dell’esercito, il 2 dicembre del 1851 la sede del parlamento fu occupata e furono arrestati gli oppositori: con un decreto fu deciso lo scioglimento dell’Assemblea parlamentare.
    Nel 1852 un plebiscito popolare sanzionò la rinascita dell’impero (il cosiddetto Secondo impero) e il Bonaparte assunse il titolo di Napoleone III.

    - In Italia il 1848 coincise con le rivolte nei maggiori Stati e con la Prima guerra d’indipendenza. Gli Stati italiani in cui si verificarono agitazioni furono: Regno delle due Sicilie, Lombardo-Veneto (dove ci furono le Cinque giornate di Milano e nacque la Repubblica di San Marco), Granducato di Toscana, Stato pontificio (fuga di Pio IX e nascita della Repubblica Romana).
    In queste vicende fu coinvolto il Piemonte (Regno di Sardegna) che, nel marzo del 1848, entrò in guerra contro l’Austria, e questa fu appunto la Prima guerra di indipendenza italiana (1848-49).
    Già nel febbraio di quell’anno Carlo Alberto, sull’onda della rivolta avvenuta in Sicilia, che aveva costretto Ferdinando II a concedere la Costituzione, fu indotto a fare la stessa cosa: la Costituzione piemontese prese così il nome di Statuto Albertino (1848).
    Dopo la definitiva sconfitta di Novara ad opera degli austriaci, nel marzo del 1849, Carlo Alberto abdicò a favore del nuovo re Vittorio Emanuele II, che confermò lo Statuto.

    - Nell’area tedesco-imperiale, ossia in Prussia e nell’impero austriaco, i moti del 1848 furono caratterizzati sia dal motivo liberal-costituzionale sia da quello nazionale.
    A Vienna i rivoltosi costrinsero alle dimissioni il principe di Metternich ed ottennero anche la concessione di una Costituzione.
    Intanto in alcune aree dell’impero (Ungheria e Boemia) si scatenò la protesta indipendentista o autonomista: queste regioni chiesero un’autonomia da Vienna che sconfinava quasi nell’indipendenza nazionale.
    Alla fine però la resistenza dei boemi e quella degli ungheresi fu piegata dall’intervento militare: decisivo fu l’aiuto dato dallo zar Nicola I al governo di Vienna nel reprimere la rivolta ungherese (1849).
    Tuttavia questa insurrezione lasciò il suo segno in quanto nel 1867 fu attuata una riforma costituzionale significativa che creò di fatto una monarchia dualistica, nel senso che l’Ungheria fu riconosciuta come regno autonomo nell’ambito del più vasto impero: nacque l’impero di Austria e Ungheria e Budapest divenne una seconda capitale.
    Una conseguenza significativa di queste vicende fu l’abdicazione dell’imperatore d’Austria Ferdinando a favore di Francesco Giuseppe.
    Anche in Prussia la rivolta ebbe sia carattere nazionale che costituzionale: i rivoltosi tedeschi erano prevalentemente studenti, borghesi e professori che operavano nell’ambito universitario. Questi ceti intellettuali ritenevano che fossero ormai maturi i tempi per avviare un processo di unificazione politica nazionale degli Stati tedeschi: già dall’occupazione napoleonica del 1806 si era andata formando una coscienza nazionale tedesca, che adesso chiedeva di passare dalla teoria alla prassi.
    A promuovere questo processo politico c’erano anche precise motivazioni economiche: lo sviluppo industriale della Germania avrebbe potuto rafforzarsi e divenire omogeneo solo se si fosse creato uno Stato unitario, quindi un grande mercato nazionale.
    Fu soprattutto l’azione di Bismarck che, negli anni ‘60, fece coincidere gli interessi economici della borghesia tedesca in ascesa con l’interesse politico nazionale.
    Un passo importante in questa direzione fu la creazione dello Zollverein (1834), ossia l’unione doganale che associò 25 Stati tedeschi, sotto la guida della Prussia: furono liberalizzati gli scambi commerciali tra questi Stati, creando così il primo nucleo di un mercato nazionale.
    Significativo fu anche il fatto che dallo Zollverein fosse esclusa l’Austria: la Prussia si poneva ormai come nuovo polo di aggregazione dell’area tedesca, ma ciò comportava l’esclusione degli Asburgo, che da secoli avevano esercitato un influenza più o meno diretta su questi Stati.
    I rivoltosi del 1848 ottennero sia la nascita di un parlamento prussiano sia l’elezione a suffragio universale di un’Assemblea Costituente federale che si riunì a Francoforte sul Meno, a cui parteciparono i delegati dei vari Stati tedeschi (nel Congresso di Vienna la Germania era stata divisa in 39 Stati, ossia 35 Stati territoriali più 4 città libere, facenti parte della Confederazione germanica).
    L’Assemblea si pose il problema di creare uno Stato federale nazionale, ossia un Reich federale basato sulla centralità della Prussia.
    Al suo interno si delinearono due correnti: una definita grande-tedesca, in quanto favorevole alla creazione di un unico Reich comprendente anche l’Austria; l’altra, chiamata piccolo-tedesca, in quanto proponeva la formazione di uno Stato federale senza l’Austria.
    Prevalse quest’ultima corrente, che riuscì a far approvare il testo di una nuova Costituzione federale (marzo 1849) e offrì al re di Prussia Federico Guglielmo IV la corona del nascente Stato. Il re invece, che si considerava erede di un’antica tradizione dinastica assolutista e di diritto divino, non tollerò che un’assemblea di “borghesi” avesse avuto l’ardire di offrirgli una corona e rifiutò sdegnosamente: tale diniego segnò l’inizio della repressione militare che liquidò, come era avvenuto in altre parti dell’Europa, tutte le richieste del movimento rivoluzionario.

     
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