I MOTI DEL 1820-21

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  1. *la_debbO*
     
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    I MOTI DEL 1820-21

    Dopo appena cinque anni dal Congresso di Vienna, l’Europa fu scossa da un’ondata insurrezionale. I problemi politici non risolti a Vienna vennero a galla in alcune rivoluzioni aventi carattere nazionale (indipendenza) e costituzionale (liberale).
    I moti si svilupparono nel biennio 1820-21, ma ad essi si può aggiungere anche il moto decabrista russo del 1825, che si collocò nel medesimo clima politico. I paesi interessati furono:
    - Portogallo: moto di carattere costituzionale, i rivoluzionari chiesero al re la concessione di una Carta costituzionale.
    - Spagna: moto di carattere costituzionale.
    - Regno di Sardegna: moto di carattere costituzionale.
    - Grecia: moto di carattere nazionale. Iniziò nel 1821 la rivolta contro il dominio ottomano, che si concluse nel 1829 con il riconoscimento dell’indipendenza nazionale greca.
    - Russia (1825): moto di carattere costituzionale (detto anche decabrista in quanto si verificò a dicembre) contro il potere autocratico dello zar Nicola I.
    - Regno delle Due Sicilie: moto di carattere costituzionale contro l’assolutismo borbonico.
    I moti del 1820-1821 furono organizzati prevalentemente dalle sette segrete e quindi ad essi partecipò una minoranza composta prevalentemente da ufficiali dell’esercito, da intellettuali, da borghesi (solo per la Grecia si poté parlare di un coinvolgimento del popolo).
    Tali minoranze, che avevano subito l’influenza delle idee della Rivoluzione francese, si posero contro il progetto della Restaurazione di riportare indietro la storia europea. Questi primi moti costituzionali europei fallirono per una serie di fattori:
    1) mancanza di unità, di organizzazione e di coordinamento tra le diverse sette: le loro azioni e le stesse strategie risultarono del tutto improvvisate e slegate, mancò una guida politica lucida in grado di finalizzarle verso uno scopo ben preciso. Ciò comportò il totale fallimento delle rivolte, che pure in un primo momento avevano ottenuto la concessione di Carte costituzionali;
    2) mancato coinvolgimento delle masse popolari, sia contadine che urbane, che risultarono quasi del tutto estranee alle idee liberali e nazionali. I patrioti di questo periodo erano una minoranza, un’élite isolata dal resto della popolazione, per cui la ragione principale del complessivo fallimento dei moti liberali e nazionali fu sicuramente la ristrettezza della base sociale, in quanto ad essi parteciparono poche decine o centinaia di persone, che si trovarono nel più completo isolamento;
    3) efficace e tempestivo intervento repressivo della Santa Alleanza, che riuscì abbastanza facilmente ad avere la meglio sui rivoltosi.

    I MOTI DEL 1830-31

    In questo biennio si ebbe una nuova ondata insurrezionale di carattere liberale e nazionale. I moti partirono dalla Francia, dove cadde il monarca assolutista Carlo X di Borbone e salì sul trono Luigi Filippo d’Orleans, che si presentò ai francesi come sovrano liberale e costituzionale. Carlo X fu travolto nel luglio del 1830: nelle elezioni politiche che si erano tenute quell’anno si era costiuita nella Camera una forte opposizione liberale, che ostacolava la politica reazionaria del re. Così Carlo X tentò la strada del colpo di Stato: il 25 luglio emanò le Quattro ordinanze, ossia quattro decreti con cui fu sciolta la Camera appena eletta, fu modificata la legge elettorale a favore dell’aristocrazia terriera, fu messa la censura sulla stampa e furono indette nuove elezioni. Il popolo di Parigi rispose con l’insurrezione.
    La conseguenza internazionale più rilevante della caduta dei Borbone e dell’ascesa al trono di Luigi Filippo d’Orleans fu l’inizio della guerra d’indipendenza del Belgio contro il dominio olandese.
    A Vienna, nel 1815, il Belgio era stato associato all’Olanda, ma i belgi non tolleravano la sottomissione ad un paese da cui si sentivano diversi: essi erano francofoni da un punto di vista linguistico, quindi non parlavano l’olandese, ed erano prevalentemente cattolici, mentre in Olanda prevaleva il calvinismo. Inoltre il Belgio era politicamente attratto dalla Francia (che esercitava tradizionalmente su di esso una sorta di protettorato) e la sua economia aveva un carattere spiccatamente industriale, mentre l’Olanda era più caratterizzata in senso mercantile.
    La rivolta del Belgio contro l’Olanda fu infatti sostenuta dalla Francia di Luigi Filippo che, attraverso l’enunciazione del principio del non intervento, impedì che la Santa Alleanza intervenisse. Così il Belgio acquistò la propria indipendenza nazionale (1831), divenendo una monarchia costituzionale piuttosto avanzata ed entrando nell’orbita politica francese.
    Sull’onda di questi eventi si ebbero dei moti nazionali e liberali anche in Polonia, contro il dominio russo: ma in questo caso il principio del non intervento non funzionò poiché la Francia non ebbe alcun interesse a difendere i diritti nazionali dei polacchi, la cui lotta non fu sostenuta.
    La rivolta polacca fu quindi stroncata dalla repressione russa.
    Nel 1830-1831 anche in alcuni Stati italiani si verificarono dei moti di carattere costituzionale, precisamente nel ducato di Modena, retto da un sovrano reazionario, Francesco IV, nel ducato di Parma e Piacenza e nello Stato pontificio (Bologna, Romagna, Marche).
    A Modena pochi patrioti, guidati da Ciro Menotti, organizzarono un’insurrezione che fallì sul nascere, anche se esplose poi e si diffuse nel ducato di Parma e nei territori emiliani appartenenti allo Stato della Chiesa, come dicevamo.
    Questi fallimenti resero evidenti i limiti delle sette segrete e stimolarono la nuova riflessione politica di Giuseppe Mazzini, il quale proprio in quegli anni fondò un movimento (la Giovane Italia) che, almeno nei programmi, avrebbe dovuto superare tali limiti.




     
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