Versioni vacanze

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  1. *la_debbO*
     
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    Nono die in iugum Alpium perventum est per invia pleraque et errores, quos aut ducentium fraus aut, ubi fides iis non esset, temere initae valles a coniectantibus iter faciebant. Biduum in iugo stativa habita fessisque labore ac pugnando quies data militibus; iumentaque aliquot, quae prolapsa in rupibus erant, sequendo vestigia agminis in castra pervenere. Fessis taedio tot malorum nivis etiam casus, occidente iam sidere Vergiliarum, ingentem terrorem adiecit. Per omnia nive oppleta cum signis prima luce motis segniter agmen incederet pigritiaque et desperatio in omnium voltu emineret, praegressus signa Hannibal in promunturio quodam, unde longe ac late prospectus erat, consistere iussis militibus Italiam ostentat subiectosque Alpinis montibus Circumpadanos campos, moeniaque eos tum transcendere non Italiae modo sed etiam urbis Romanae; cetera plana, proclivia fore; uno aut summum altero proelio arcem et caput Italiae in manu ac potestate habituros. Procedere inde agmen coepit iam nihil ne hostibus quidem praeter parva furta per occasionem temptantibus. Ceterum iter multo quam in adscensu fuerat -- ut pleraque Alpium ab Italia sicut breviora ita arrectiora sunt -- difficilius fuit; omnis enim ferme via praeceps, angusta, lubrica erat, ut neque sustinere se ab lapsu possent nec qui paulum titubassent haerere adflicti vestigio suo, aliique super alios et iumenta in homines occiderent.

    Il nono giorno giunsero sul valico delle Alpi, attraverso passaggi per lo più inaccessibili e con deviazioni causate o da inganno delle guideo, quando si diffidava di esse, dalle valli in cui si addentravano cercando d'indovinare la via giusta. Si pose il campo sul valico per due giorni, e vi si diede il riposo alle truppe stanche del cammino e dei combattimenti; e alcuni muli, che erano sdrucciolati per le rocce, raggiunsero il campo seguendo le orme della colonna. In questa, affranta da tante avversità, accrebbe terrore anche la caduta della neve, ché già era il tempo del tramonto delle Pleiadi.
    Poiché, levato il campo all'alba, attraverso sentieri tutti pieni di neve la colonna avanzava assai lentamente e tutti i volti tradivano la svogliatezza e la sfiducia, Annibale, spintosi innanzi alle insegne, fece fermare le truppe su un contrafforte da cui la vista poteva spaziare in lungo e in largo, e mostrò l'Italia e le pianure circumpadane stendentisi ai piedi delle Alpi, aggiungendo che essi varcavano ora le mura non solo dell'Italia ma anche di Roma; tutto sarebbe stato ormai piano e in discesa, e in una o al più in due battaglie sarebbero stati padroni e signori della rocca e della capitaledell'Italia.
    Riprese allora l'esercito ad avanzare, ché ormai i nemici non tentavano più alcune opposizione, tranne qualche occasionale ruberia senza importanza. Tuttavia il cammino fu assai più difficile che non era stato nella salita (giacché quasi dovunque le Alpi dalla parte dell'Italia sono bensì meno estese ma più ripide). Quasi ogni sentiero, infatti, era scosceso, angusto, lubrico, sì che non potevano trattenersi dallo sdrucciolare, né, se fosse loro mancato il piede, fermarsi dov'erano caduti; e gli uni cadevano sugli altri, e le cavalcature su essi.

    36. Ventum deinde ad multo angustiorem rupem atque ita rectis saxis ut aegre expeditus miles temptabundus manibusque retinens virgulta ac stirpes circa eminentes demittere sese posset. Natura locus iam ante praeceps recenti lapsu terrae in pedum mille admodum altitudinem abruptus erat. Ibi cum velut ad finem viae equites constitissent, miranti Hannibali quae res moraretur agmen nuntiatur rupem inviam esse. Digressus deinde ipse ad locum visendum. Haud dubia res visa quin per invia circa nec trita antea, quamvis longo ambitu, circumduceret agmen. Ea vero via insuperabilis fuit; nam cum super veterem nivem intactam nova modicae altitudinis esset, molli nec praealtae facile pedes ingredientium insistebant; ut vero tot hominum iumentorumque incessu dilapsa est, per nudam infra glaciem fluentemque tabem liquescentis nivis ingrediebantur. Taetra ibi luctatio erat, [ut a lubrica] glacie non recipiente vestigium et in prono citius pedes fallente, ut, seu manibus in adsurgendo seu genu se adiuvissent, ipsis adminiculis prolapsis iterum corruerent; nec stirpes circa radicesve ad quas pede aut manu quisquam eniti posset erant; ita in levi tantum glacie tabidaque nive volutabantur. Iumenta secabant interdum etiam infimam ingredientia nivem et prolapsa iactandis gravius in conitendo ungulis penitus perfringebant, ut pleraque velut pedica capta haererent in dura et alta concreta glacie.

    In seguito si giunse ad una gola di gran lunga più angusta e con pareti così lisce che a fatica i soldati liberi dell'equipaggiamento avanzando a tastoni riuscivano a calarsi aggrappandosi ai virgulti e ai rami che sporgevano intorno. La natura del luogo era ripida già prima di un precipizio alto più di mille piedi dovuto a una recente frana. Lì, visto che i cavalieri si erano fermati come se fossero giunti al termine della strada, fu annunciato ad Annibale, che si chiedeva con stupore perché l'esercito si era fermato, che la rupe era impraticabile. Si avvicinò quindi per ispezionare egli stesso il luogo. Si persuse immediatamente che l'unica soluzione era condurre l'esercito, nonostante il lungo giro, per strade trasversali mai battute prima. Quella strada fu davvero impraticabile: difatti sopra la neve vecchia ne era caduta della nuova di poco spessore, i piedi dei soldati in marcia si posavano facilmente sulla neve soffice e poco alta; quando in verità questa si sciolse per il passaggio di così tanti uomini e bestie da soma, dovevano camminare sulla crosta di ghiacchio e sulla fanghiglia della neve che si scioglieva. In quel momento lo sforzo era terribile, dato che il sentiero reso scivoloso dal ghiaccio impediva ai soldati di rimanere in piedi e in un pendio il ghiaccio li faceva sdrucciolare più facilmente, cosicché, o che si aiutassero a rialzarsi con l'aiuto delle mani o delle ginocchia, cadevano di nuovo quando anche questi appoggi sfuggivano; né intorno c'erano cespugli o radici ai quali ognuno potesse attaccarsi con i piedi o le mani; così ruzzolavano solo sul ghiaccio liscio e sulla poltiglia nevosa. Le bestie da soma tuttavia, sprofondando, talvolta intaccavano anche il ghiaccio più in basso e, scivolate, puntando più energicamente gli zoccoli per rialzarsi, lo rompevano di più, cosicché la maggior parte rimaneva imbrigliata come presa in una trappola nel ghiaccio duro e profondo.

    37. Tandem nequiquam iumentis atque hominibus fatigatis castra in iugo posita, aegerrime ad id ipsum loco purgato; tantum nivis fodiendum atque egerendum fuit. Inde ad rupem muniendam per quam unam via esse poterat milites ducti, cum caedendum esset saxum, arboribus circa immanibus deiectis detruncatisque struem ingentem lignorum faciunt eamque, cum et vis venti apta faciendo igni coorta esset, succendunt ardentiaque saxa infuso aceto putrefaciunt. Ita torridam incendio rupem ferro pandunt molliuntque anfractibus modicis clivos ut non iumenta solum sed elephanti etiam deduci possent. Quadriduum circa rupem consumptum, iumentis prope fame absumptis; nuda enim fere cacumina sunt et, si quid est pabuli, obruunt nives. Inferiora vallis apricos quosdam colles habent rivosque prope silvas et iam humano cultu digniora loca. Ibi iumenta in pabulum missa et quies muniendo fessis hominibus data. Triduo inde ad planum descensum et iam locis mollioribus et accolarum ingeniis.

    Alla fine, poiché si furono inutilmente così affaticati muli e uomini, fu posto il campo sul valico, dopo che fu con fatica ripulito a tal fine il terreno, tanta neve si dové scavare e portar via. Poi i soldati, ridotti a dover aprirsi nella roccia una via, la sola che era possibile, poiché bisognava spaccare la pietra, vi eressero intorno ingenti cataste di legna, con alberi abbattuti e tagliati, e col favoredel vento che si era levato alimentando le fiamme, vi appiccarono il fuoco, e, infondendo aceto dulla pietra ardente, la resero friabile.
    Apersero poi col ferro le rupi incandescenti, e resero più agevole la discesa con brevi svolte per le quali si potessero far discendere non i soli muli ma anche gli elefanti. Quattro giorni si spesero intorno alla roccia, sì che i muli quasi morivan di fame; quasi ignude sono infatti le cime, e, se pure v'è qualche pascolo, lo coprono le nevi. Le regioni più in basso hanno vallate e alcuni poggi aprichi e corsi d'acqua presso le selve e località già più adatte al vivere umano. Colà furono messi i muli a pascolare e si diede riposo agli uomini sfiniti dai lavori di scavo. In tre giorni poi si discese al piano, ché più miti si trovarono ormai tanto i luoghi quanto l'indole degli abitanti.

    da splash.it
     
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0 replies since 25/12/2008, 23:48   14625 views
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