DALLA CONVENZIONE TERMIDORIANA A NAPOLEONE (sintesi)

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. *la_debbO*
     
    .

    User deleted


    download

    DALLA CONVENZIONE TERMIDORIANA A NAPOLEONE (sintesi)
    LA CONVENZIONE TERMIDORIANA (LUGLIO 1794-OTTOBRE 1795)
    Con la caduta di Robespierre e dei suoi seguaci (9 termidoro-27 luglio) finì l’epoca del
    Terrore, ma anche la fase più innovativa della Grande rivoluzione.
    Il potere fu preso dai moderati (in genere appartenenti alla pianura, quindi alla
    borghesia), detti anche termidoriani: si cercò di ritornare ai principi e agli assetti politici
    e sociali del 1789, attuando una normalizzazione della situazione interna.
    Tra le figure più significative di questa nuova fase occorre ricordare soprattutto Barras e
    Carnot. Nella Convenzione termidoriana (così è stata chiamata dagli storici) erano
    presenti molti esponenti politici che avevano partecipato attivamente alle fasi
    rivoluzionarie precedenti (ex giacobini convertitisi, più o meno opportunisticamente, al
    moderatismo), per cui grosso modo c’erano questi schieramenti: a destra gli esponenti
    filomonarchici, favorevoli cioè alla restaurazione della monarchia, al centro una
    maggioranza moderata e più a sinistra gli ex giacobini.
    Tra l’altro vennero riammessi nella Convenzione anche i girondini superstiti. La
    Convenzione termidoriana da un lato si affrettò ad abolire i provvedimenti più radicali
    presi durante il Terrore e dall’altro difese e confermò alcune conquiste rivoluzionarie,
    soprattutto quelle ritenute più utili per gli interessi politici ed economici della borghesia.
    Fu sciolto il club dei giacobini e fu smantellata la rete delle società popolari filogiacobine.
    Furono abrogate le leggi limitative dell’economia (maximum, calmieri, blocchi di salari,
    ecc.) e fu annullata la Costituzione dell’anno I (la più radicale e avanzata); furono
    ripristinate la libertà di stampa e le altre libertà civili, furono ribaditi i principi della libertà
    di culto e quello della separazione tra Chiesa e Stato e fu soppresso il Tribunale
    rivoluzionario.
    La vita sociale e civile si normalizzò, dopo la grande paura e gli eccessi del Terrore, ma
    si diffuse ben presto anche un terrore antigiacobino (il cosiddetto Terrore bianco, così
    chiamato dal colore bianco della bandiera dei Borbone, in quanto ne furono protagonisti
    soprattutto i controrivoluzionari filomonarchici), attuato da giovani appartenenti ai ceti
    abbienti (la cosiddetta “gioventù dorata”), che consumarono una serie di sanguinose
    vendette contro i seguaci del Comitato di salute pubblica e contro i veri o presunti
    responsabili del Terrore “rosso”: secondo alcuni storici i crimini commessi da tale Terrore
    bianco, tollerato dalle autorità, non furono inferiori a quelli commessi durante la fase del
    Terrore giacobino.
    La situazione economica e politica rimaneva comunque abbastanza instabile, anche
    perché un pessimo raccolto riportò nel paese la carestia e l’aumento generalizzato dei
    prezzi aggravò le condizioni di vita delle masse popolari. Così nell’aprile-maggio del 1795
    i sanculotti parigini attuarono alcuni tentativi di insurrezione, che furono repressi con
    relativa facilità, ma essi furono il pretesto per scatenare, soprattutto nelle province, una
    violenta reazione antigiacobina, che portò all’uccisione di alcune migliaia di persone.
    Ma il pericolo più serio per la repubblica venne dal versante politico opposto, ossia dal
    movimento monarchico filoborbonico, che si riconosceva in Luigi XVIII (fratello di Luigi
    XVI), il quale chiedeva una restaurazione dell’antico regime.
    Nell’ottobre del 1795 i seguaci del re tentarono un’insurrezione armata, che fu repressa
    dalle truppe guidate dal giovane generale Napoleone Bonaparte, che per questo fu poi
    soprannominato “il generale vendemmiao” (vendemmiao = ottobre). In politica estera la
    Convenzione termidoriana costrinse, anche grazie all’andamento positivo della guerra, la
    Prussia, la Spagna e il Portogallo a stipulare trattati di pace, in base ai quali fu
    riconosciuto alla Francia il possesso del Belgio e della Renania, mentre l’Olanda, che era
    stata conquistata dai francesi, fu trasformata in Repubblica batava, modellata su quella
    esistente in Francia. Rimanevano però ancora due avversari: Austria e Inghilterra.
    2
    COSTITUZIONE DELL’ANNO III (1795)
    La Convenzione intanto diede l’incarico ad una commissione di elaborare il testo di una
    nuova Costituzione (che fu chiamata Costituzione dell’anno III), che venne approvata
    nell’agosto del 1795 ed entrò in vigore ad ottobre. Essa diede un nuovo assetto
    istituzionale alla Francia, aprendo una fase politica nuova, quella del Direttorio.
    La nuova Costituzione mantenne la forma repubblicana dello Stato, ma diede alla
    repubblica una caratterizzazione decisamente moderata e borghese. Il parlamento
    divenne bicamerale e il potere legislativo fu affidato a due Camere, il Consiglio dei 500 e
    il Consiglio degli Anziani; il potere esecutivo andò a un Direttorio formato da cinque
    membri eletti dal Consiglio degli Anziani su indicazione del Consiglio dei 500.
    Per prevenire il rischio di una dittatura, ogni anno le due Camere dovevano essere
    rinnovate di un terzo e il Direttorio di un quinto.
    Fu rafforzata la divisione dei poteri e fu altresì ribadita la preminenza del potere
    legislativo su quello esecutivo. Fu ribadito inoltre il principio dell’inviolabilità della
    proprietà e il valore delle libertà civili e politiche fu anteposto a quello dell’uguaglianza
    tra i cittadini, la quale venne riconosciuta solo sul piano giuridico: scomparve qualsiasi
    riferimento ai diritti sociali che erano invece presenti nella Costituzione dell’anno I. La
    legge elettorale collegata a questa Costituzione ristabilì il criterio censitario al posto di
    quello universale: avevano diritto al voto solo coloro che, in base al reddito, pagavano
    un minimo di imposta diretta (l’elettorato attivo fu ristretto a circa duecentomila
    benestanti).
    IL GOVERNO DEL DIRETTORIO (OTTOBRE 1795-NOVEMBRE 1799)
    Il governo direttoriale continuò la politica della bilancia dell’ultima fase della
    Convenzione, alternando la repressione al compromesso, a seconda delle circostanze:
    combatté a destra i filomonarchici e a sinistra i giacobini. Il 26 ottobre 1795 la
    Convenzione si sciolse per permettere l’entrata in vigore della nuova Costituzione: le
    elezioni che seguirono mandarono alle due Camere una maggioranza moderata, con una
    cospicua presenza di filomonarchici. Il primo Direttorio fu formato da personalità che
    appartenevano alla vecchia Convenzione, quindi con un passato rivoluzionario anche se
    non estremistico, tra cui spiccavano i nomi di Carnot e Barras. Questo primo Direttorio
    dovette fronteggiare una gravissima emergenza economica, causata da inflazione,
    instabilità monetaria, crisi produttiva e cattivo raccolto agricolo.
    Sul piano politico fu sventata una congiura, detta congiura degli eguali, ordita dal
    Babeuf, un giornalista sostenitore di una teoria comunista, il quale era stato amico di
    Hebert, ma aveva avversato il Terrore di Robespierre. Il Babeuf aveva creato
    un’associazione clandestina chiamata Società degli Eguali, a cui avevano aderito molti
    superstiti giacobini e anche un esule italiano, Filippo Buonarroti. Fin dal 1795 il Babeuf,
    attraverso il suo giornale, aveva iniziato una campagna per la riforma agraria (“i frutti
    della terra sono di tutti e la terra di nessuno”) e, da questa posizione iniziale, il suo
    pensiero si era sviluppato fino ad affermare la comunione dei beni e del lavoro,
    l’abolizione della proprietà privata e la gestione statale dei mezzi di produzione: lo Stato
    avrebbe dato ad ognuno secondo i propri bisogni. Convinto che questa forma di
    collettivismo potesse essere raggiunta solo attraverso la conquista violenta del potere,
    organizzò una congiura ma, denunciato e tradito da uno dei suoi seguaci, fu arrestato e
    giustiziato nel maggio del 1796, insieme ad altri capi del movimento.
    COLPO DI STATO ANTIREALISTA DEL 18 FRUTTIDORO (4 SETTEMBRE 1797)
    Nella primavera del 1797 si svolsero le elezioni per il rinnovo di un terzo dei due
    Consigli: vennero eletti numerosi deputati conservatori, tanto che la maggioranza
    3
    parlamentare divenne filomonarchica. Gli stessi due presidenti dei Consigli erano
    favorevoli alla instaurazione di una monarchia costituzionale; intanto nel Direttorio era
    entrato un esponente favorevole alla monarchia, mentre Carnot si andava spostando su
    posizioni sempre più conservatrici. Di fronte a questo pericolo di restaurazione della
    monarchia, i tre direttori repubblicani, guidati da Barras, attuarono un colpo di Stato con
    l’aiuto dell’esercito. Napoleone inviò truppe che occuparono Parigi, il Consiglio dei 500 fu
    circondato, il suo presidente (Pichegru) e molti esponenti monarchici furono arrestati e
    deportati in Guyana: furono pronunciate 150 condanne a morte. Carnot (che riuscì a
    fuggire) e l’altro direttore filomonarchico (Barthélemy) furono destituiti e sostituiti da
    elementi repubblicani.
    Molti degli eletti di aprile (180 deputati) furono dichiarati decaduti. Fu votata una legge
    che condannava a morte chiunque proponesse la restaurazione della monarchia.
    Il colpo di Stato di Fruttidoro (settembre 1797) dimostrò almeno due cose: in primo
    luogo che l’esercito stava acquisendo un peso sempre più determinante nelle vicende
    francesi (si stava preparando così il terreno per l’avvento del bonapartismo, ossia di un
    sistema politico in cui il potere fu concentrato nelle mani dei militari); in secondo luogo
    che le basi di consenso sociale del Direttorio erano molto ristrette, tanto che esso fu
    costretto a risolvere i conflitti più gravi facendo ricorso alla forza. Questa precarietà del
    potere esecutivo fu confermata nella consultazione elettorale del 1798, in cui si ebbe un
    inaspettato successo dei giacobini: anche allora fu attuato un altro colpo di Stato che
    portò all’annullamento dell’elezione di oltre cento deputati.
    Per quanto riguardò la politica estera, il Direttorio decise di rilanciare le operazioni
    militari sia per trarne risorse economiche e finanziarie sia per rafforzare la coesione
    interna. Per piegare l’Austria, fu organizzata una grande azione offensiva: due armate
    principali avrebbero dovuto puntare direttamente su Vienna, un terzo esercito, affidato
    al giovane Bonaparte, doveva penetrare in Italia.
    PRIMA CAMPAGNA D’ITALIA DI NAPOLEONE (1796-1797)
    A Napoleone, che aveva avuto il merito di reprimere il tentativo insurrezionale realista
    nell’ottobre del 1795, il Direttorio affidò il comando di un’armata che sarebbe dovuta
    scendere in Italia mentre altre due armate dovevano attaccare da nord l’Austria. Nei
    piani di guerra l’azione dell’armata napoleonica doveva svolgere essenzialmente una
    funzione secondaria di disturbo, invece si rivelò come la vera carta vincente.
    Infatti mentre Jourdan e Moreau, i generali delle due armate principali, incontrarono
    notevoli resistenze, Napoleone al contrario iniziò un’avanzata travolgente.
    Battuto ripetutamente, il regno di Sardegna (Piemonte) fu costretto a chiedere
    l’armistizio e si ritirò dalla coalizione.
    Sconfitti poi anche gli austriaci, Napoleone conquistò la Lombardia, dove venne salutato
    come un liberatore dai democratici locali.
    Sulle numerose ed esaltanti vittorie militari di Napoleone ci sono da sottolineare almeno
    due aspetti: in primo luogo l’innegabile genio militare del generale, la sua capacità
    strategica e tattica di intuire lo svolgimento complessivo delle operazioni e quindi di
    operare gli opportuni e rapidissimi movimenti, scegliendo il momento cruciale per
    l’attacco definitivo; in secondo luogo, come è stato messo in luce da molti storici, il
    merito delle gloriose vittorie napoleoniche è da attribuire anche al nuovo esercito di
    massa, educato ai principi della Rivoluzione, entusiasta e pronto al sacrificio, esaltato
    dalla presenza di un capo carismatico, enormemente più motivato e più dotato di spirito
    combattivo dei vecchi eserciti europei, che invece erano subordinati ad una gerarchia di
    casta (solo i nobili potevano diventare ufficiali) ed erano posti al servizio di una causa
    dinastica che risultava per lo più estranea ai loro sentimenti.
    4
    L’esercito napoleonico era sicuramente il più moderno e avanzato dell’epoca e poteva
    contare su mezzi tecnici evoluti, come ad esempio l’artiglieria, protagonista di tante
    vittorie francesi.
    Con l’arrivo di Napoleone, si verificarono insurrezioni di giacobini italiani in alcune città
    dell’Emilia (Reggio, Bologna, Ferrara, Modena), che portarono alla formazione, nel
    gennaio 1797, della repubblica Cispadana, la prima repubblica formatasi dopo l’ingresso
    dei francesi: la repubblica Cispadana adottò una costituzione modellata su quella
    francese e scelse come bandiera il tricolore italiano (derivato da quello francese), che
    nacque proprio in quella occasione.
    Cominciò a delinearsi in quegli anni un primo sentimento nazionale italiano, almeno
    all’interno di una cerchia ristretta di intellettuali e borghesi: secondo alcuni storici, fu
    proprio questo il periodo in cui iniziò quel lungo processo politico e sociale, sviluppatosi
    poi nella prima metà dell’800, che fu chiamato Risorgimento italiano, da cui nacque il
    regno d’Italia (1861).
    Intanto, con una serie consecutiva di vittorie, Napoleone giunse quasi a Vienna,
    costringendo l’imperatore a chiedere l’armistizio. Si arrivò così alla Pace di Campoformio
    (ottobre 1797) tra Austria e Francia, un trattato chiaramente ispirato ad una politica di
    espansione e di potenza della Francia: quest’ultima infatti annesse direttamente la
    Lombardia mentre la gloriosa repubblica di Venezia, dopo lunghi secoli di vita, cadde
    definitivamente travolta dagli eventi e tutto il Veneto passò all’Austria.
    A seguito delle vittorie napoleoniche si creò in Italia e in Europa un sistema di
    repubbliche sorelle, ossia dipendenti politicamente ed ideologicamente dalla Francia: per
    quanto riguarda l’Italia, nel maggio 1797 nacque la repubblica Cisalpina, che unificò la
    Lombardia al territorio della repubblica Cispadana: con capitale Milano, la repubblica
    Cisalpina fu senz’altro la maggiore e la più durevole delle repubbliche create dai francesi
    in Italia.
    Nel giugno dello stesso anno si costituì la repubblica Ligure, che pose fine alla secolare
    repubblica di Genova.
    Successivamente si formarono, nel 1798, la repubblica Romana e nel 1799 la repubblica
    Partenopea, che fecero seguito all’occupazione francese dello Stato pontificio e del regno
    di Napoli.
    Come si è accennato, queste repubbliche furono tutt’altro che indipendenti in quanto si
    ressero sulla forza delle armi francesi: esse erano in realtà Stati satelliti funzionali
    all’egemonia economica e politica della Francia, tanto è vero che, come avvenne in altre
    zone d’Europa, furono sottoposte ad un vero e proprio saccheggio da parte dei francesi,
    che ne sfruttarono ampiamente e senza scrupoli le risorse artistiche, finanziarie, umane,
    economiche e tecniche.
    Gli storici hanno giustamente parlato di una sostanziale ambiguità della politica francese
    durante il periodo del Direttorio e di Napoleone: la Francia infatti, attraverso queste
    guerre di conquista, esportò in Europa alcuni principi della Grande rivoluzione,
    contribuendo a scalzare dal vecchio continente il feudalesimo e l’antico regime.
    Fu quindi indubbia l’azione riformatrice e di modernizzazione portata avanti negli Stati
    sottoposti all’egemonia della Francia, nei quali furono esportate leggi, strutture
    amministrative e tecniche di governo decisamente all’avanguardia: è il caso di citare ad
    esempio l’adozione di Carte costituzionali modellate su quella francese del ’95,
    l’istituzione del matrimonio civile, l’abolizione dei fidecommessi (norma testamentaria
    che imponeva all’erede designato di conservare uniti tutti i beni ereditati, quindi di non
    dividerli e venderli) e della manomorta (norma secondo cui i beni appartenenti a enti
    morali, soprattutto a Chiese e conventi, non erano soggetti a imposte di successione ed
    erano inalienabili), la confisca e la vendita dei beni ecclesiastici ecc.
    Nello stesso tempo però le armate francesi si comportarono né più né meno come gli
    eserciti di conquista del passato, procedendo ad un sistematico sfruttamento delle
    risorse dei paesi conquistati.
    5
    LA SPEDIZIONE IN EGITTO E LA SECONDA COALIZIONE ANTIFRANCESE (1798-1799)
    La guerra intanto continuava con l’Inghilterra, la cui posizione geografica la rendeva
    inattaccabile; non potendola invadere, il Direttorio decise di colpire i suoi interessi
    commerciali: bisognava cioè acquisire il controllo del Mediterraneo allo scopo di dirottare
    i traffici verso il Mar Rosso (e non più verso l’Atlantico, monopolizzato dagli inglesi),
    ritenendo così di danneggiare fortemente l’economia britannica.
    L’Egitto, che era nominalmente un territorio appartenente all’Impero ottomano, fu
    occupato facilmente da Napoleone, ma l’imponente flotta francese fu distrutta
    dall’ammiraglio Nelson ad Abukir (agosto 1798).
    L’aggressione all’Egitto provocò la nascita della Seconda coalizione antifrancese (1798-
    99), a cui aderirono l’Inghilterra, la Turchia, l’Austria, la Russia e Napoli.
    Ancora all’inizio del 1799 gran parte dell’Italia, tranne la Sicilia e la Sardegna, era
    controllata dalla Francia, ma tra la primavera e l’estate dello stesso anno tutte le
    repubbliche giacobine italiane (tranne Genova) crollarono sotto l’offensiva degli eserciti
    della Seconda coalizione: un’armata austro-russa, guidata dal generale Suvorov,
    penetrò in Italia, occupando Milano e Torino.
    I francesi tuttavia, in autunno, riuscirono a fermare un’altra offensiva austro-russa, che
    fu sconfitta a Zurigo dal generale André Masséna, mentre sul fronte settentrionale
    furono fermati gli inglesi, che cercavano di occupare il Belgio.
    Il fallimento della spedizione in Egitto (tra l’altro l’esercito francese fu colpito dalla
    diffusione di una grave malattia infettiva), e le sconfitte militari del ‘99, contribuirono a
    screditare ulteriormente il Direttorio, che era sempre più travolto da scandali e illegalità.
    Si è già accennato all’annullamento parziale dei risultati della consultazione elettorale, favorevole ai
    neogiacobini, svoltasi nell’aprile del 1798.
    Si determinò un contrasto sempre più aspro tra il Direttorio e i due Consigli. Nella borghesia
    moderata francese venne maturando la consapevolezza della necessità di liquidare
    definitivamente il sistema democratico per sostituirlo con un regime militare: il punto di
    riferimento di questo progetto conservatore divenne Sieyés, uno dei rivoluzionari del
    1789 (il celebre autore dell’opuscolo Che cos’è il Terzo stato?), entrato nel Direttorio nel
    maggio del ’99.
    IL COLPO DI STATO DEL 18 BRUMAIO E IL CONSOLATO (1800-1804): LA
    COSTITUZIONE DELL’ANNO VIII
    Come si diceva, nel difficile autunno del 1799, Napoleone, dopo aver eluso la
    sorveglianza inglese che lo teneva bloccato in Egitto, sbarcò in Francia e, sfruttando il
    malcontento generale verso il Direttorio e la sua popolarità, organizzò un colpo di Stato.
    Egli si accordò in primo luogo con tre dei direttori favorevoli all’azione di forza, ossia con
    Sieyés, Barras e Roger Ducos, ma anche con il ministro degli esteri e con quello della
    polizia.
    Mentre il Direttorio veniva neutralizzato con le dimissioni dei tre su citati, i due Consigli,
    sotto scorta militare, vennero trasferiti a Saint-Cloud dove, con la minaccia delle armi,
    furono costretti a votare la consegna dei poteri a tre consoli, cioè a Napoleone, Sieyés e
    Roger Ducos (era il 9 novembre 1799).
    Decisivo fu, in quella occasione, l’aiuto del fratello di Napoleone, Luciano, che era
    presidente di una delle due Camere. Due commissioni vennero incaricate di redigere una
    nuova Costituzione, detta Costituzione dell’anno VIII, che entrò in vigore il 25 dicembre
    1799 e fu poi approvata da un plebiscito nel febbraio del 1800. Si trattava di una
    Costituzione dal carattere decisamente conservatore e autoritario.
    Il potere legislativo fu affidato a due assemblee molto ristrette, il Tribunato (di cento
    membri) e il Corpo legislativo (di trecento membri), le quali avevano solo il compito di
    approvare o respingere le proposte del governo.
    6
    Il potere esecutivo spettava ai tre consoli, ma di fatto si concentrò nelle mani del Primo
    console, cioè Napoleone, che aveva la piena facoltà di nominare ministri e funzionari
    (giudici, ambasciatori ecc.); il Primo console non rispondeva della sua responsabilità alle
    assemblee suddette e anche i suoi funzionari potevano essere giudicati solo dietro
    autorizzazione di un Consiglio di Stato, un organo consultivo, nominato interamente dal
    Primo console, e avente la funzione di assisterlo nella sua azione di governo.
    D’altra parte solo il Primo console poteva proporre nuove leggi e le due assemblee
    legislative potevano solo votare con un sì e con un no i progetti presentati da Napoleone
    dopo essersi consultato con il Consiglio di Stato.
    Il mandato dei consoli era decennale. C’era inoltre il Senato, un organo nominato dai
    consoli, che aveva il potere di annullare le leggi incostituzionali, di eleggere i nuovi
    consoli allo scadere del loro mandato e anche, in teoria, di scegliere, sulla base di un
    complicato sistema di liste comunali, dipartimentali e nazionali (con cui avrebbero
    dovuto essere eletti i candidati alle due assemblee legislative), i membri del Tribunato e
    del Corpo legislativo. In realtà il principio elettivo fu di fatto annullato: il complicato
    sistema elettivo si rivelò inapplicabile. Il popolo rimaneva, sulla carta, sovrano, ma non
    venne più consultato, se non per i plebisciti, con cui saranno sanzionati e accettati
    passivamente atti già compiuti.
    Nel 1802 Napoleone, con un altro colpo di mano, indusse il Senato a farsi conferire il
    titolo di Console a vita, e modificò la Costituzione, riducendo ancora di più le prerogative
    del Tribunato e del Corpo legislativo e attribuendosi ulteriori poteri, tra cui quello di
    nominare il proprio successore. Queste modifiche vennero poi sottoposte al voto
    scontato di un plebiscito popolare.
    Il consolato si era ormai trasformato in una sorta di sistema monarchico camuffato o in
    una dittatura plebiscitaria: i plebisciti infatti sono consultazioni elettorali a suffragio
    universale in cui si sceglie solo tra un si e un no; essi sono dunque quelle consultazioni a
    cui ricorrono i sistemi politici autoritari per essere legittimati.
    Come vedremo, lo sbocco finale di questo processo politico, iniziato con il colpo di stato
    del 18 Brumaio, sarà la nomina a imperatore dei francesi, ottenuta nell’aprile del 1804 e
    sancita dall’ennesima consultazione plebiscitaria. La svolta autoritaria attuata nel 1799
    non suscitò nessuna reazione nella società francese, anzi essa fu possibile anche perché
    rifletteva un bisogno di autorità, di stabilità e di ordine che era molto sentito e diffuso
    dopo un decennio di scosse rivoluzionarie e di eccessi di ogni tipo.
    Il regime autoritario di Napoleone riscosse dunque un ampio consenso sociale, che fu
    rafforzato dal sentimento nazionalistico scaturito dalle esaltanti vittorie militari; il
    generale corso d’altra parte, nonostante il suo potere personale, conservò i principi
    giuridici più importanti del periodo rivoluzionario, come ad esempio la soppressione del
    feudalesimo, l’uguaglianza formale di fronte alla legge e al fisco, l’abolizione dei privilegi
    di casta ecc.
    POLITICA INTERNA DEL CONSOLATO: IL CODICE CIVILE E IL CONCORDATO
    Il consolato coincise con quegli anni in cui Napoleone riorganizzò e stabilizzò le istituzioni
    politiche, giuridiche ed economiche della società francese. Secondo alcuni storici l’opera
    legislativa ed amministrativa di Napoleone fu quasi più importante e significativa delle
    azioni militari e politiche.
    Bonaparte creò le strutture fondamentali su cui si è retto lo Stato francese negli ultimi
    due secoli, conservando, come si accennava, alcuni di quei principi universali che si
    erano affermati con la Grande rivoluzione.
    Egli ridisegnò quindi l’architettura giuridica dello Stato francese, cercando di coniugare il
    vecchio con il nuovo, ossia alcuni caratteri della tradizione con i principi innovatori più
    significativi del periodo rivoluzionario.
    7
    Sul piano amministrativo fu istituito un apparato burocratico capillare e centralizzatore,
    estremamente efficiente e funzionale. I cardini di questo sistema erano: il Primo
    console, il ministro dell’interno, che rispondeva solo al Primo console, i prefetti, cioè i
    rappresentanti dello Stato centrale nei vari dipartimenti, i sottoprefetti, che
    governavano i circondari (ogni dipartimento era diviso in circondari), e i sindaci, che
    guidavano i comuni.
    Prefetti, sottoprefetti e sindaci venivano nominati direttamente dal governo centrale;
    anche la nomina, le promozioni e i trasferimenti dei giudici dipendevano dal governo (la
    magistratura quindi non era indipendente). In questo sistema, decisamente verticistico e
    centralizzato, una cura particolare fu rivolta alla scuola, soprattutto alla scuola superiore
    (furono istituiti i licei) e alle università, da cui dovevano uscire i burocrati, i tecnici, gli
    amministratori, i giuristi, in altre parole la classe dirigente dello Stato.
    L’istruzione media ed universitaria francese divenne non solo uniforme e centralizzata,
    ma anche statale.
    Il culmine dell’azione giuridica di Napoleone fu raggiunto nel 1804 con la promulgazione
    del nuovo codice civile, che riunì organicamente tutti i settori del diritto e portò a
    termine la completa unificazione legislativa della Francia.
    Il codice, tra l’altro, riconobbe pienamente il diritto alla proprietà privata, ma ne affermò
    anche la divisibilità, la trasmissibilità e l’acquisto, liberandola così dalle vecchie ed
    anacronistiche norme medievali. Furono mantenuti il matrimonio civile e il divorzio e
    furono ribaditi sia il principio dell’uguaglianza giuridica di tutti i cittadini sia il diritto alla
    libertà individuale.
    Il monopolio delle corporazioni fu sostituito dalla libertà d’impresa e di lavoro. Negli anni
    successivi furono promulgati anche il codice penale, quello di procedura civile e penale e
    il codice del commercio.
    Decisive furono le riforme anche nel campo economico: il regime napoleonico attuò una
    riforma fiscale che reintrodusse quelle imposte indirette (= applicate ai consumi) sui
    beni di prima necessità (come sale, tabacco e alcool) che la rivoluzione aveva annullato,
    e affidò la riscossione dei tributi a funzionari dello Stato.
    Fu istituito altresì un efficiente catasto fondiario, che assicurò una più equa e razionale
    distribuzione delle imposte dirette (= applicate ai redditi).
    Inoltre fu attuata una stabilizzazione monetaria che eliminò buona parte della moneta
    cartacea svalutata, emessa negli anni precedenti e creò una nuova moneta, chiamata
    franco germinale (1803).
    Nel 1800 fu istituita la Banca di Francia, cioè una banca centrale statale che aveva il
    potere esclusivo di stampare la moneta e di controllare tutta la politica finanziaria dello
    Stato e delle altre banche.
    Napoleone inoltre si preoccupò di dare impulso ai vari settori dell’economia francese,
    realizzando numerosi lavori pubblici e promuovendo lo sviluppo agricolo, industriale e
    commerciale.
    Napoleone, per consolidare il proprio potere, dovette riconciliarsi con la Chiesa cattolica
    dopo le forti tensioni degli anni precedenti (vedi la Costituzione civile del clero, la
    repressione del clero refrattario, la creazione nel ‘98 della repubblica Romana, che aveva
    abolito il potere temporale del Papa, la prigionia di Pio VI morto in Francia nel ‘99).
    Così nel 1801 fu stipulato con Pio VII il Concordato: in base ad esso tutti i vescovi in
    carica furono destituiti e ne vennero nominati di nuovi; il cattolicesimo non ridivenne più
    religione di Stato (che mantenne quindi il suo carattere laico), anche se fu riconosciuto
    come religione della maggioranza dei francesi.
    Fu sostanzialmente ribadito il principio della dipendenza della Chiesa dallo Stato
    (secondo la tradizione gallicana) e venne altresì riconosciuta la libertà di culto.
    I vescovi, in base al Concordato, dovevano essere nominati dal governo e consacrati dal
    Papa; lo Stato da parte sua assicurò una retribuzione a vescovi e parroci.
    8
    Il Papa inoltre non rivendicò più quei beni ecclesiastici che erano stati alienati e
    nazionalizzati durante gli anni della rivoluzione.
    POLITICA ESTERA DEL CONSOLATO: LA CAMPAGNA DEL 1800 E LA PACE DI LUNEVILLE
    Dopo le sconfitte del 1799, Napoleone cercò di recuperare i territori persi a seguito
    dell’offensiva della Seconda coalizione. Fu messa in piedi una nuova armata e iniziò così
    la campagna militare della primavera del 1800. La Russia intanto, dopo la sconfitta di
    Zurigo, si era ritirata dalla lotta, abbandonando l’alleanza antifrancese. Mentre Moreau
    operava sul Reno, Napoleone attraversò il San Bernardo, giunse in Piemonte e di qui
    penetrò in Lombardia. Lo scontro decisivo con gli austriaci avvenne a Marengo il 14
    giugno e si risolse in un trionfo per i francesi. Anche l’armata di Moreau fu vittoriosa e
    costrinse gli austriaci a un armistizio. Mentre l’Inghilterra si dichiarò indisponibile a
    trattare una pace alle condizioni dettate da Napoleone, l’Austria fu costretta a firmare
    una pace separata con la Francia. Si giunse così alla Pace di Luneville (febbraio 1801).
    Essa confermò, con qualche modifica, le condizioni della Pace di Campoformio: il Veneto
    restò all’Austria; si riformò la repubblica Cisalpina con alcuni ingrandimenti; alla Francia
    venne definitivamente riconosciuto il possesso di tutta la riva sinistra del Reno. Restava
    da battere ancora l’Inghilterra, che appariva però inaccessibile ed inattaccabile: ma
    anche gli inglesi erano ormai logori a causa del prolungato sforzo bellico e la caduta del
    governo di William Pitt (detto il “giovane”, discendente da quel William Pitt il “vecchio”
    incontrato all’epoca della Guerra dei 7 anni) favorì la conclusione delle operazioni
    belliche. La borghesia capitalistica e mercantile inglese e l’opinione pubblica
    desideravano la pace. Con il nuovo governo presieduto da Addington si giunse così, nel
    marzo 1802, alla Pace di Amiens tra i due paesi. L’Inghilterra restituì le colonie francesi
    occupate, rinunciò a Malta e a altre isole del Mediterraneo, ottenne Ceylon dall’Olanda;
    la Francia dovette rinunciare all’Egitto e sì impegnò ad aprire il proprio mercato e quello
    dei paesi vassalli agli scambi commerciali con gli inglesi, in cambio le vennero
    riconosciute le frontiere naturali e il diritto di influenza sugli Stati satelliti europei.
    L’IMPERO E LA TERZA COALIZIONE ANTIFRANCESE (1805)
    La stabilizzazione del suo potere personale all’interno e i successi in politica estera
    indussero Napoleone, che si sentiva ormai invincibile, a modificare la forma istituzionale
    dello Stato, che fu trasformato da repubblica in impero.
    Nel dicembre del 1804 Napoleone fu incoronato imperatore. Iniziò così una nuova
    dinastia, in quanto fu ribadito il carattere ereditario della carica imperiale, e fu creata di
    conseguenza una nuova aristocrazia imperiale (dignitari, grandi ufficiali ecc.).
    La Pace di Amiens durò poco per varie ragioni: in primo luogo per il fatto che Napoleone
    non rispettò la promessa di aprire i mercati francesi alle merci inglesi. La Gran Bretagna
    si aspettava un trattato commerciale con la Francia, ma tale trattato non fu mai
    stipulato. Anzi, nel maggio 1802, Napoleone si fece autorizzare a elevare i diritti di
    dogana e tassò i prodotti coloniali, che di fatto erano tutti inglesi, del 50% in più delle
    merci provenienti dai possedimenti francesi. I capitalisti inglesi capirono che la guerra
    economica sarebbe continuata e si stancarono di una pace che non apportava loro alcun
    vantaggio. Un altro motivo di dissidio fu il fatto che la Francia si adoperò a ricostituire al
    più presto il suo impero coloniale, ponendosi in diretta concorrenza con gli interessi
    inglesi. In America i francesi si riappropriarono delle Piccole Antille ma soprattutto fu
    preparato un piano per riappropriarsi anche della Louisiana, suscitando le preoccupazioni
    degli inglesi e degli americani. Nel Mediterraneo la Francia riprese la sua politica di
    influenza verso gli Stati arabi costieri: furono stipulati patti con Tripoli, con Tunisi, con
    Algeri. Gli inglesi trassero la conclusione che Bonaparte meditasse un nuovo attacco
    contro l’Egitto. Ma non era tutto: anche nel cuore dell’Europa la Francia perseguiva una
    9
    strategia di penetrazione. Già nell’estate-autunno del 1802 la Francia si annesse l’isola
    d’Elba, il Piemonte e Parma.
    In Germania il governo francese accrebbe la sua influenza grazie alla definizione delle
    indennità promesse ai principi spossessati della riva sinistra del Reno. Per tutti questi
    motivi nel maggio del 1804 si riaprirono le ostilità.
    Il primo ministro inglese William Pitt riuscì a coalizzare contro Napoleone la Svezia, il
    regno di Napoli, l’Austria e la Russia di Alessandro I Romanov, mentre Bonaparte acquisì
    l’alleanza della Spagna e della Prussia.
    Il Generale aveva preparato anche un piano di invasione dell’Inghilterra, ma dovette alla
    fine desistere a causa dell’inadeguatezza della flotta francese e delle difficoltà
    strategiche legate all’impresa.
    A Trafalgar, nelle acque dello stretto di Gibilterra, la flotta francese e quella spagnola
    furono completamente distrutte dall’ammiraglio inglese Nelson (che poi morì in seguito
    alle ferite riportate): la grande vittoria di Trafalgar segnò l’inizio del dominio
    incontrastato sui mari dell’Inghilterra, dominio che durò almeno fino alla Prima guerra
    mondiale.
    Sulla terra ferma invece Napoleone conseguì prima una vittoria a Ulma (ottobre 1805)
    contro gli austriaci, e poi trionfò ad Austerlitz (in Moravia, considerata la vittoria militare
    più geniale del generale corso, chiamata poi “Battaglia dei tre imperatori”, per la
    presenza di Alessandro I Romanov e di Francesco II d’Asburgo, 2 dicembre 1805), dove
    sconfisse l’esercito austro-russo.
    L’Austria fu costretta ad accettare una dura pace (Trattato di Presburgo, 26 dicembre
    1805) in cui riconobbe il regno d’Italia (nato proprio nel 1805) e gli cedette il Veneto,
    mentre l’Istria e la Dalmazia formarono uno Stato annesso all’impero francese, chiamato
    Province illiriche.
    In Germania Napoleone non solo si impossessò di tutta la riva sinistra del Reno,
    eliminando i principati ivi esistenti, ma attuò anche una profonda riorganizzazione
    territoriale che eliminò ben 150 entità politiche delle 350 prima esistenti: in questo
    modo parecchi piccoli Stati tedeschi furono soppressi ed accorpati. Inoltre, in seguito al
    trattato di Presburgo, la Baviera, il Wurttemberg e il Baden vennero riconosciuti come
    Stati pienamente sovrani, anzi i primi due furono trasformati in regni. Nel luglio del 1806
    nacque anche la Confederazione del Reno, che riunì i principati tedeschi sottoposti
    all’influenza francese e sottratti all’influenza del Sacro Romano Impero.
    In seguito a queste trasformazioni, l’imperatore d’Austria Francesco II dichiarò
    definitivamente dissolto il secolare Sacro Romano Impero di Germania, che venne
    sostituito dal nuovo Impero d’Austria, di cui egli stesso divenne primo imperatore col
    nome di Francesco I. Infine l’Olanda, trasformata in regno, fu data all’altro fratello di
    Napoleone, Luigi.
    L’ITALIA E L’IMPERO FRANCESE
    In Italia era rinata nel 1800 la repubblica Cisalpina che, nel 1802, assunse il titolo di
    repubblica Italiana e nel 1805 divenne regno d’Italia. Piemonte, Liguria, Toscana,
    Parma e Piacenza furono incorporati direttamente all’impero francese. All’inizio del 1806
    i francesi scesero nel sud Italia e occuparono, senza combattere, il regno di Napoli (il re
    borbone si rifugiò in Sicilia, protetto dagli inglesi): Giuseppe, fratello di Napoleone,
    divenne il nuovo sovrano del regno. Quando Giuseppe divenne re di Spagna nel 1808
    (vedi paragrafo “conquista della Spagna”), sul trono di Napoli fu messo Gioacchino
    Murat, cognato del Generale e comandante dell’esercito napoleonico. Nel 1808-9 venne
    nuovamente soppresso lo Stato della Chiesa e Pio VII, che aveva scomunicato
    Napoleone, fu imprigionato: il territorio pontificio fu diviso tra Francia e regno d’Italia.
    Napoleone fu incoronato (nel Duomo di Milano) re d’Italia e lasciò la reggenza, con il
    titolo di Viceré, ad Eugenio Beauharnais, figlio della moglie Giuseppina.
    10
    QUARTA COALIZIONE ANTIFRANCESE E BLOCCO CONTINENTALE (1806)
    L’invadenza francese nell’area tedesca preoccupò seriamente la Prussia e così
    l’Inghilterra riuscì a trascinarla nella Quarta coalizione che si formò nell’autunno del
    1806. Al fianco di Inghilterra e Prussia si schierò anche la Russia. Con due vittorie
    decisive, quella di Auerstadt e quella di Jena, nell’ottobre del 1806, Napoleone sconfisse
    la Prussia ed entrò trionfalmente a Berlino.
    La Prussia fu in parte smembrata e fu costretta a pagare una ingente indennità di
    guerra. Furono creati così due nuovi Stati, il regno di Westfalia e il granducato di
    Varsavia.
    Nel novembre del 1806 Napoleone, vista l’impossibilità di sconfiggere militarmente
    l’Inghilterra, emanò un decreto (il decreto di Berlino) che stabilì il blocco totale (fu
    chiamato blocco continentale) degli scambi economici e commerciali tra l’Inghilterra e
    quella parte d’Europa controllata dalla Francia. Si cercò di piegare in questo modo
    l’economia inglese allo scopo di indurre l’Inghilterra ad accettare le condizioni di pace
    volute dai francesi. Al blocco aderirono anche paesi neutrali come Spagna e Danimarca e
    successivamente (dopo la Pace di Tilsit) Napoleone ottenne anche l’adesione della Russia
    e dell’Austria. Esso tuttavia alla fine si risolse in un clamoroso fallimento: l’Inghilterra
    infatti poteva contare su una vasta rete mondiale di commerci in cui gli Usa e le altre
    colonie svolgevano un ruolo non secondario; inoltre, attraverso la Svezia, le merci
    inglesi entravano comunque nel Mar Baltico e, tramite il contrabbando, si diffondevano
    in tutta Europa (il blocco quindi ebbe l’effetto negativo di far sviluppare notevolmente il
    fenomeno del contrabbando).
    D’altra parte la durezza del blocco provocò malcontento e crisi economica sia nei paesi
    sottomessi alla Francia sia in quelli neutrali: le attività produttive europee e francesi
    furono gravemente danneggiate tanto che nel 1811 si verificò una crisi recessiva
    internazionale di notevole portata, mentre le proteste contro il blocco divennero
    veementi e Napoleone stesso fu costretto a concedere licenze d’importazione. Questa
    politica determinò un sensibile appannamento della sua popolarità e una diminuzione del
    consenso sociale. Inoltre tale politica si stava rivelando decisamente limitata, troppo
    eurocentrica, in quanto l’Inghilterra, che egli cercava di piegare, pensava ed agiva già
    come potenza mondiale, poteva contare cioè su alleanze internazionali e su risorse
    umane, economiche e tecniche quasi inesauribili, era un paese molto più dinamico e
    moderno della Francia e possedeva tra l’altro una marina militare imbattibile. Nel 1807
    avvenne lo scontro tra l’esercito francese e l’esercito russo. Dopo due battaglie dall’esito
    incerto (quelle di Eylau e Friedland), Alessandro I chiese di trattare con Napoleone e si
    giunse così alla pace di Tilsit (giugno 1807): con essa i due imperatori si accordarono e
    divisero l’Europa in due zone d’influenza. Dopo Tilsit, la Russia si sentì autorizzata ad
    espandersi verso la penisola scandinava, dove occupò la Finlandia (1808), e verso
    l’impero ottomano.
    LA CONQUISTA DEL PORTOGALLO E DELLA SPAGNA (1807-1808)
    Nel novembre del 1807 Napoleone decise di occupare militarmente il Portogallo, che era
    un tradizionale alleato dell’Inghilterra e che quindi non era disposto a osservare il blocco.
    La conquista del Portogallo però provocò l’intervento inglese, che costrinse i francesi ad
    abbandonare il paese nell’agosto del 1808.
    Le vicende portoghesi ebbero un riflesso anche in Spagna, dove il debole re Carlo IV non
    riusciva a risolvere il conflitto che si era creato con il figlio, l’erede al trono Ferdinando, e
    con il ministro Godoy, avversario di Ferdinando.
    Napoleone approfittò di questa crisi interna per intervenire in Spagna, ponendo sul trono
    il fratello Giuseppe (maggio 1808): ma la popolazione di Madrid e di tutta la Spagna
    insorse contro la presenza dei francesi. La ribellione vide uniti nella lotta gli alti gradi
    11
    militari, i nobili, le plebi urbane e contadine e il clero. Soldati e bande armate di
    contadini attaccarono ripetutamente le guarnigioni francesi: la ribellione degli spagnoli,
    sostenuta militarmente e finanziariamente anche dagli inglesi a cui essi si erano rivolti,
    mise in seria difficoltà l’esercito francese, il quale non riuscì mai a sedarla
    completamente.
    L’apertura del fronte spagnolo si rivelò un errore fatale e segnò l’inizio della crisi:
    Napoleone fu costretto a mantenere impegnate nella penisola iberica alcune divisioni e
    comunque, dopo una lunga serie di sommosse, nel 1813 Giuseppe Bonaparte fu
    costretto a fuggire e a restituire il trono ai Borbone. Inoltre, da un punto di vista storico,
    la conquista francese della Spagna del 1808 segnò l’inizio della lotta di liberazione
    politica delle colonie spagnole dell’America Latina, lotta che continuò poi anche nel
    periodo postnapoleonico, per concludersi intorno al 1825.
    QUINTA COALIZIONE ANTIFRANCESE (1809)
    Approfittando delle difficoltà francesi in Spagna, l’Austria promosse una nuova coalizione
    insieme all’Inghilterra.
    Anche in questa occasione Napoleone ebbe la meglio nella decisiva battaglia di Wagram
    (luglio 1809), un villaggio dell’Austria: fu uno dei più imponenti scontri dell’epoca, in cui
    si affrontarono 300 mila soldati da ambo le parti.
    Nella Pace di Vienna che seguì l’Austria subì ulteriori mutilazioni territoriali che andarono
    alle Province illiriche. In conseguenza di questa vittoria, l’imperatore dei francesi realizzò
    un importante e significativo matrimonio politico, propiziato dal Principe di Metternich, il
    nuovo cancelliere austriaco: dopo aver divorziato dalla moglie Giuseppina (che non gli
    aveva dato un erede), sposò Maria Luisa d’Asburgo, figlia di Francesco I (1810).
    Così l’Austria divenne alleata della Francia e l’anno dopo nacque l’erede maschio tanto
    atteso. Con le vittorie militari e politiche e le annessioni del biennio 1809-1810, l’Impero
    napoleonico toccò il culmine: sembrava che nulla potesse arrestare la potenza francese,
    dominatrice dell’Europa.
    In realtà molte nubi si stavano addensando nel cielo dell’Impero, nubi che
    preannunciavano una imminente tempesta: abbiamo già accennato alle vicende
    spagnole; ad esse bisogna aggiungere un malcontento generale delle popolazioni
    europee sottomesse, che vedevano ormai in Napoleone solo un conquistatore famelico e
    non più un liberatore.
    La politica del blocco e la crisi economica degli anni 1810-1812, il trattamento brutale
    riservato al papa, l’aumento costante delle imposte e dei dazi e le coscrizioni militari
    continue suscitarono un sentimento di ostilità piuttosto diffuso: lo zar Alessandro intuì
    questa nuova situazione e si sganciò dall’alleanza con la Francia.
    LA CAMPAGNA DI RUSSIA E LA SESTA COALIZIONE ANTIFRANCESE (1812)
    L’accordo di Tilsit tra Francia e Russia non aveva risolto tutti i problemi economici e
    politici esistenti tra i due paesi. Le successive annessioni napoleoniche non furono
    accettate dallo zar Alessandro I e inoltre la politica del blocco danneggiava gravemente
    l’economia russa, in particolare le esportazioni. Così la Russia riprese il suo
    espansionismo conquistando nel 1812 la Bessarabia, sottratta all’impero ottomano, e nel
    1813 la Georgia e l’Azerbaigian, sottratte alla Persia (N.B. queste acquisizioni territoriali
    vennero poi riconosciute alla Russia nel Congresso di Vienna, tenutosi dopo la caduta di
    Napoleone del 1814-15). Inoltre, a partire dal 1810, essa ristabilì i rapporti commerciali
    con l’Inghilterra, in aperto contrasto con il blocco napoleonico.
    Di fronte a questa nuova politica, che metteva in crisi il sistema di equilibri europei e che
    evidenziava un chiaro atteggiamento antifrancese, Napoleone si convinse che bisognava
    piegare militarmente anche la Russia.
    12
    Fu messa in piedi così una grande armata (circa 700000 soldati) che, nell’estate del
    1812, invase gli immensi territori russi, mentre l’esercito dello zar si ritirò facendo terra
    bruciata intorno a sé (così come era già avvenuto contro l’esercito del re di Svezia Carlo
    XII nel corso della Guerra del Nord).
    Conquistata Mosca, Napoleone attese invano le richieste di pace dello zar, il quale attuò
    una politica attendistica e temporeggiatrice che mise in difficoltà i francesi. L’arrivo del
    terribile inverno russo colse Napoleone del tutto impreparato a fronteggiare la situazione
    e quando egli decise la ritirata era ormai troppo tardi: gelo, neve, mancanza di viveri,
    attacchi dei russi trasformarono la ritirata in un vero e proprio disastro, la grande
    armata ne uscì distrutta.
    Intanto nel 1812 Inghilterra e Russia avevano ricreato l’ennesima coalizione
    antifrancese, la Sesta, a cui aderirono l’anno successivo anche Prussia e Austria.
    Rientrato precipitosamente a Parigi dalla Russia, Napoleone riuscì a formare una nuova
    armata, mobilitando circa un milione di soldati (primavera 1813).
    Dopo due iniziali vittorie a maggio e in agosto, Napoleone venne definitivamente
    sconfitto nella battaglia di Lipsia (detta Battaglia delle nazioni) dell’ottobre 1813.
    Egli cercò allora di ripiegare inutilmente verso la Francia per tentare un’ultima
    resistenza, ma gli eserciti coalizzati, che avevano invaso il paese da ogni lato, ebbero la
    meglio.
    Di fronte alla disfatta militare, il Senato francese decretò la decadenza dell’impero
    (aprile 1814) e Napoleone fu costretto ad abdicare. Il Senato stesso proclamò nuovo re
    di Francia Luigi XVIII, fratello di Luigi XVI, che concesse una Costituzione
    moderatamente liberale.
    I 100 GIORNI E LA SETTIMA COALIZIONE (MARZO-GIUGNO 1815)
    Portato in esilio sull’isola d’Elba (maggio 1914), di cui divenne “sovrano”, Napoleone,
    approfittando del malcontento dei francesi verso il nuovo re (Luigi XVIII di Borbone),
    che si presentava come il restauratore del vecchio regime, tentò un colpo temerario.
    Elusa la sorveglianza inglese, fuggì dall’isola e sbarcò in Francia, dove fu accolto come
    un trionfatore (marzo 1815). Luigi XVIII fu costretto a fuggire.
    Contro Napoleone si formò l’ennesima coalizione, la Settima della serie (1815), e si
    arrivò così allo scontro decisivo a Waterloo, nel giugno 1815, dove Bonaparte fu
    sconfitto da due eserciti guidati rispettivamente dall’inglese Wellington e dal prussiano
    Blucher.
    Dopo aver abdicato una seconda volta, si consegnò agli inglesi, che lo trattarono come
    un prigioniero di guerra e lo relegarono in esilio sull’isoletta di Sant’Elena, nell’Atlantico
    meridionale, dove morì il 5 maggio 1821.
     
    .
  2. plumkeik
     
    .

    User deleted


    e sarebbe un riassunto???
     
    .
1 replies since 19/12/2008, 20:46   9168 views
  Share  
.