IL REGNO ANGIOINO DI NAPOLI TRA XIV E XV SECOLO

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    IL REGNO ANGIOINO DI NAPOLI TRA XIV E XV SECOLO
    (integrazione e sintesi)

    Nella prima metà del ‘300 il regno di Napoli, diminuito della Sicilia, passata nel 1302 agli aragonesi (Pace di Caltabellotta), fu governato dal re Roberto, figlio di Carlo II d’Angiò.
    Roberto regnò dal 1309 al 1343.
    Egli fu considerato il capo indiscusso dello schieramento guelfo in Italia, che aveva in Firenze la sua forza finanziaria.
    Come rappresentante del papa (come è stato in varie occasioni ripetuto, in origine il regno normanno di Sicilia era nato come regno vassallo dello Stato pontifico), Roberto esercitò una specie di supremazia sulle città guelfe dell’Italia centro-settentrionale, che cercarono la sua protezione contro l’assalto delle forze ghibelline.
    Principe colto, autore di trattati morali e politici in latino, amico di dotti e di poeti, Roberto è stato, tra i sovrani angioini italiani, quello che ha avuto il maggior successo di immagine non solo nel suo tempo ma anche presso buona parte degli storici: è stata esaltata la sua saggezza e anche il fatto che gli anni del suo regno coincisero con un periodo di relativa pace per l’Italia.
    Sul piano economico non esitò a contrarre debiti con i banchieri fiorentini, come gli Acciaiuoli, i Bardi, i Peruzzi, in cambio di appalti di entrate doganali e di gabelle (i banchieri cioè riscuotevano le tasse al posto dello Stato).
    In pratica la vita economica e finanziaria del regno passò nelle mani dei mercanti e dei banchieri fiorentini e veneziani, ma anche lucchesi, genovesi e catalani.
    Si può parlare di una sorta di colonizzazione economica e finanziaria da parte degli Stati italiani più ricchi.
    Bisogna precisare d’altra parte che le condizioni del regno erano state gravemente danneggiate dal distacco della Sicilia e dalle conseguenze della lunga guerra del Vespro.
    Roberto comunque tollerò la prepotenza dei feudatari, anzi il potere feudale andò consolidandosi con la nascita di ulteriori principati interni al regno: questo si verificò non solo con Roberto ma anche con i suoi successori.
    I baroni, approfittando della debolezza dei sovrani angioini, trasformarono di fatto i loro feudi in piccoli Stati autonomi all’interno dell’unico regno.
    Poiché l’unico figlio di Roberto, Carlo, era morto prematuramente nel 1328, egli fece in modo che la successione passasse alla nipote Giovanna.
    Per rendere solido il regno della nipote, Roberto la fece sposare con Andrea, fratello del re d’Ungheria Luigi I il Grande.
    Ma il matrimonio si rivelò un fallimento, a causa della condotta leggera e scandalosa di Giovanna I: intorno ad essa si svilupparono subito gli intrighi orditi dai principi di Taranto e dai duchi di Durazzo, parenti della regina.
    Questa situazione sfociò nell’assassinio di Andrea nel settembre del 1345: egli trovò la morte in una congiura in cui pare fosse coinvolta la stessa regina Giovanna.
    Per vendicare il fratello e far valere i propri diritti sul regno, il re Luigi I d’Ungheria scese in Italia nel 1348 ed occupò Napoli con un esercito di avventurieri e mercenari. Giovanna I fuggì in Provenza, presso il papa avignonese Clemente VI.
    L’occupazione ungherese di Napoli durò poco tempo in quanto l’opposizione papale, la diffusione della peste, la condotta dei mercenari, le difficoltà di approvvigionamento indussero il re d’Ungheria a tornare in patria.
    Giovanna I così poté ritornare a Napoli, dove affidò la gestione degli affari di Stato ad un abile borghese fiorentino, Niccolò Acciaiuoli.
    Intanto il nuovo papa Innocenzo VI la scomunicò (1355), in quanto i pagamenti dei tributi di vassallaggio che il regno doveva al pontefice erano stati interrotti.
    Ad approfittare della debolezza della regina furono i baroni (tra essi emergevano in particolare i Sanseverino, gli Orsini, i Ruffo), che cercarono di incrementare il loro potere e i loro privilegi, tanto che Giovanna fu costretta a reprimere con la violenza alcune loro pretese.
    Nonostante tutto questo, comunque Giovanna ottenne dei risultati positivi, riuscendo a pacificare la sua litigiosa famiglia e a stipulare un trattato di pace con la Sicilia retta dagli aragonesi.
    La crisi irreversibile sopraggiunse nel 1378, con lo scoppiò dello Scisma d’Occidente: Giovanna infatti si schierò con l’antipapa avignonese, contro la volontà dei suoi sudditi.
    Inoltre, non avendo eredi diretti e influenzata dal papa di Avignone, la regina nominò erede del regno Luigi I, appartenente al ramo francese degli Angiò e fratello del re di Francia.
    In risposta, il pontefice romano Urbano VI la scomunicò, la dichiarò decaduta e concesse l’investitura del regno a Carlo di Durazzo (come scritto in altra sede, i Durazzo costituivano uno dei rami della dinastia angioina) che prese il nome di Carlo III.
    Carlo III di Durazzo, incoronato re da Urbano VI nel 1380, riuscì a strappare subito (1381) il regno a Giovanna, che fu prima imprigionata nel castello di Muro Lucano e poi strangolata in carcere (1382).
    La nobiltà ed il regno si divisero in due fazioni in lotta tra loro, i durazzeschi e gli angioini: iniziò così una prima guerra dinastica, in cui s’inserirono anche i due pontefici, il duca di Savoia, alcuni capitani di ventura e i fiorentini, che avevano interessi consistenti nel napoletano.
    Dopo la morte improvvisa di Luigi I d’Angiò, Carlo III ebbe la meglio e rimase così sovrano incontrastato (1384), ma anche la sua sorte era segnata: infatti nel 1385 fu chiamato in Ungheria per prendere in eredità il trono lasciato vacante da Luigi I il Grande (mentre il regno di Napoli fu lasciato nelle mani della moglie Margherita).
    In Ungheria però Carlo regnò solo per pochi giorni in quanto morì nel febbraio del 1386, in seguito a una ferita mortale riportata in un agguato.
    Margherita così rimase reggente per conto dei due piccoli figli, Ladislao e Giovanna: riesplose così la guerra civile tra la fazione dei durazzeschi, che riconoscevano come erede Ladislao, e quella degli angioini, che si riconoscevano invece in Luigi II d’Angiò, figlio del defunto Luigi I.
    Gli effetti di questa ennesima guerra furono deleteri per l’economia e la società del regno: saccheggi, devastazioni, stragi, imperversare di bande, brigantaggio, tradimenti, degrado morale delle popolazioni, tutto ciò caratterizzò questi anni bui, lasciando un segno negativo indelebile nella realtà del meridione d’Italia.
    Dopo alterne vicende di sconfitte e di vittorie prevalse, nel 1400, Ladislao.
    Il nuovo re di Napoli dimostrò subito doti di rara fermezza ed audacia e procedette a riorganizzare lo Stato, ridando efficienza soprattutto all’esercito: con l’appoggio del pontefice, in poco tempo rese il suo regno temuto e rispettato.
    Rivendicò la corona d’Ungheria, conquistò Taranto, cercò alleanze utili all’interno e all’esterno, fece strangolare a Napoli diversi esponenti della famosa famiglia Sanseverino, fu in prima linea tra i sostenitori del papa romano Gregorio XII contro l’antipapa Benedetto XIII.
    Tra gli avversari di Ladislao c’era però Firenze: così a partire dal 1408 il re mosse verso la Toscana ma, nel corso di questa campagna militare, morì improvvisamente a soli 29 anni, avvelenato, secondo alcuni storici (1414).
    Non avendo eredi diretti, gli successe la sorella maggiore Giovanna, che divenne così Giovanna II.
    Con questa regina la feudalità interna andò sempre più rafforzandosi, approfittando di una monarchia in evidente difficoltà.
    Ad esempio ai feudatari fu riconosciuta anche la giurisdizione criminale e furono ampliati i gradi di successione (anche la sorella sposata venne riconosciuta erede feudale del fratello).
    Per reperire risorse finanziarie furono trasformate in feudi ampie zone demaniali (il demanio era un territorio libero e pubblico, non dipendente da nessun signore).
    Anche Giovanna II non aveva eredi diretti, tanto che decise di adottare Alfonso V d’Aragona, già sovrano della Sicilia e della Sardegna.
    Ma quest’ultimo commise l’errore di trasferirsi, nel 1421, a Napoli: questa decisione fece temere a Giovanna che si volessero anticipare i tempi della successione e ciò la indusse a cambiare erede.
    La nuova scelta cadde su Luigi III, del ramo francese degli Angiò, che però morì nel 1434, così i suoi diritti passarono al fratello Renato.
    Seguì un’ennesima, devastante, guerra dinastica.
    A favore di Renato erano il papa (Eugenio IV), Milano, Venezia, Firenze, Genova e naturalmente la Francia.
    Alfonso V fu catturato dalla flotta genovese a Ponza e fu affidato al duca di Milano Filippo Maria Visconti.
    “Ospite” e prigioniero del duca, Alfonso riuscì a convincere Filippo Maria ad abbandonare l’alleanza con Renato d’Angiò, dimostrandogli quanto fosse dannoso per Milano e per l’Italia insediare a Napoli un principe così strettamente legato alla Francia.
    I comuni interessi politici che comunque univano Napoli e Milano (ad esempio l’opposizione all’espansionismo della Francia, di Venezia e di Firenze) spinsero Filippo Maria a schierarsi dalla parte di Alfonso.
    La guerra si concluse nel 1442 con la conquista definitiva di Napoli da parte aragonese.
    I SOVRANI ANGIOINI DEL REGNO DI NAPOLI

    Carlo I d’Angiò (che scese in Italia nel 1266 e sconfisse Manfredi)
    Carlo II d’Angiò, detto lo Zoppo
    Roberto I d’Angiò
    Giovanna I d’Angiò
    Carlo III di Durazzo
    Ladislao di Durazzo
    Giovanna II di Durazzo

     
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