Parafrasi canti dell'Inferno da 6 a 15

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  1. ^uPPoLa^
     
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    Inferno: VI Canto
    Quando riprendo la conoscenza, che era rimasta in me offuscata alla vista del pianto doloroso di Paolo e Francesca, pianto che mi aveva, per la tristezza, completamente sconvolto, vedo intorno a me nuove pene e nuovi puniti, dovunque io vada, o mi rigiri, o volga lo sguardo. Mi trovo nel terzo cerchio, il cerchio della pioggia destinata a non aver termine, tormentatrice, gelida e pesante; mai non cambia il suo ritmo ne la materia di cui è fatta. Grossi chicchi di grandine, acqua sudicia e neve cadono con violenza attraverso l’ aria buia; la terra che accoglie tutto questo emana un fetido odore. Cerbero, belva crudele e mostruosa, latra, a modo di cane, attraverso tre gole, incombendo sulle turbe che in quest’acqua impura sono immerse. Ha gli occhi iniettati di sangue, la barba unta e nera, il ventre capace, e le mani munite di artigli; graffia le anime dei peccatori, le scuoia e le squarta. Sul piano allegorico, secondo gli antichi commentatori, gli occhi... vermigli stanno a significare l'avidità rabbiosa, la barba unta la ributtante ingordigia, il ventre largo l'insaziabilità, le unghiate mani l'indole rapace. La pioggia li spinge a lamentarsi in modo disumano: con uno dei fianchi proteggono l’altro; gli infelici peccatori continuano a rivoltarsi (cercando inutilmente di sottrarsi al tormento). Quando Cerbero, l’orribile mostro, ci vide, spalancò le bocche e ci mostrò i denti; un fremito di rabbia lo agitava tutto. Virgilio tese le mani aperte, afferrò della terra, e, riempitosene i pugni, la gettò nelle tre bramose gole. Come quello del cane che, abbaiando, manifesta il suo desiderio, e si calma solo dopo aver addentato il cibo, poiché è tutto intento nello sforzo di divorarlo, tale divenne il sozzo aspetto del triplice volto del diavolo Cerbero, che (coi suoi latrati) stordisce i peccatori a tal punto, da far loro desiderare la sordità. (Camminando) calpestavamo le ombre che la pioggia fastidiosa prostra, e mettevamo le piante dei nostri piedi sulla loro inconsistenza materiale, che ha l’apparenza di un corpo umano. Erano tutte distese per terra, ad eccezione di una che si levò a sedere, non appena ci vide passarle davanti. "O tu che sei condotto per questo inferno", parlò, "vedi se sei in grado di riconoscermi: tu nascesti prima che io morissi." E io: "La pena che ti tormenta forse ti allontana dalla mia memoria, così che mi sembra di non averti mai veduto. Ma dimmi chi sei, anima collocata in un posto così doloroso ed assegnata ad un tale tormento, che, se pur ve ne sono di più grandi, nessuno è altrettanto fastidioso". Ed egli "Firenze, che a tal punto è colma di odio da non poterne più contenere, mi ebbe fra i suoi abitanti quando vivevo sulla terra. Voi concittadini mi chiamaste Ciacco: per il peccato rovinoso della gola, come vedi, mi struggo sotto la pioggia. Né io (qui) sono il solo spirito infelice, poiché tutti questi altri sono soggetti ai medesimi tormenti per la medesima colpa". E più non pronunciò parola. Gli risposi: "Ciacco, il tuo dolore mi affligge tanto, da indurmi a piangere; ma dimmi, se lo sai, a quali estremi si ridurranno gli abitanti della città divisa in fazioni; se in essa si trova qualcuno che sia giusto; e dimmi anche il motivo per cui tanta discordia ha cominciato a travagliarla". Ed egli: "Dopo una lunga contesa si arriverà a un fatto di sangue, e il partito degli uomini del contado (la parte selvaggia: quella dei Cerchi, i Bianchi) manderà in esilio gli esponenti del partito avversario (quello dei Donati, i Neri) danneggiandoli gravemente. In seguito è destino che il partito dei Bianchi soccomba prima che siano trascorsi tre anni, e che il partito dei Neri abbia il sopravvento con l’aiuto di qualcuno che attualmente si barcamena (fra le due opposte fazioni). Il partito dei Neri spadroneggerà a lungo. tenendo sottomessa la fazione avversa con provvedimenti iniqui, per quanto questa si lamenti e si sdegni. I cittadini giusti sono due, ma nessuno dà loro ascolto: la superbia, l’invidia e la brama di guadagni sono le tre scintille che hanno appiccato il fuoco agli animi (aizzando i Fiorentini gli uni contro gli altri)". A questo punto pose termine al suo discorso doloroso; e io: "Vorrei avere da te ancora altri schiarimenti, e vorrei che tu mi facessi la grazia di continuare a parlare. Farinata e Tegghiaio, che furono così degni di onore, Jacopo Rusticucci, Arrigo e Mosca e gli altri cittadini che si adoperarono per il bene di Firenze, dimmi dove si trovano e fa in modo che io apprenda qualcosa di loro; perché grande è il desiderio che ho di sapere se il paradiso dà loro dolcezza, o l’inferno li amareggia". E Ciacco: "Si trovano tra i dannati più colpevoli: peccati diversi (da quello punito in questo cerchio) pesano su di loro in modo da tenerli nella parte bassa dell’inferno: se scenderai fin laggiù, potrai vederli. Ma quando sarai tornato tra i vivi, ti prego di richiamare il mio nome alla loro memoria: più non parlerò né ti risponderò". Allora stravolse gli occhi che fino allora avevano guardato diritti davanti a se; per un attimo ancora mi guardò, e poi abbassò la testa: piombò giù con essa allo stesso livello degli altri dannati (ciechi: in quanto privi della luce dell’intelletto). E Virgilio mi disse: "Più non si alzerà prima del suono delle trombe degli angeli, quando verrà il giudice nemico del reprobi (Cristo): ogni dannato rivedrà ( allora ) il suo triste sepolcro, assumerà nuovamente il corpo e l’aspetto che aveva da vivo, ascolterà la sentenza che deciderà la sua sorte per l’ eternità". La solennità di questa rappresentazione del Giudizio Universale non trova riscontro che in alcuni dei più grandi capolavori delle arti figurative. Cosi, razionando un poco intorno alla vita d’oltretomba, camminammo lentamente attraverso l’ immondo miscuglio fatto di ombre di peccatori e di acqua; e pertanto mi rivolsi a Virgilio: " Maestro, queste pene aumenteranno o diminuiranno d’intensità dopo Il Giudizio Universale, o saranno dolorose come adesso? " E Virgilio: "Ripensa alla tua dottrina, secondo la quale, quanto più una cosa è perfetta, tanto più intensamente sente il piacere non meno del dolore. Benché i dannati non possano mai conseguire la vera perfezione (che si ha solo quando l’uomo e vicino a Dio), attendono di essere perfetti dopo il Giudizio più che non prima". Percorremmo il cerchio secondo la sua circonferenza, discorrendo assai di più di quanto io non abbia qui riferito; giungemmo nel punto ove da questo cerchio si scende nel successivo: ivi ci imbattemmo in Pluto, l’orribile diavolo.
    Inferno: VII Canto
    "Papé Satàn, papé Satàn aleppe!" prese a gridare Pluto con voce rauca; e quel nobile saggio (Virgilio), dalla sconfinata dottrina, per rincuorarmi così mi parlò: "Il tuo spavento non ti arrechi danno; infatti, per quanto egli sia potente, non ci impedirà di scendere (dal terzo al quarto cerchio) per questo dirupo. Quindi, rivolto verso quel tumido volto, disse: "Taci, maledetto demonio: struggiti internamente per la rabbia. Non senza motivo è la nostra andata nella voragine infernale: così si vuole nel cielo, là dove l’arcangelo Michele punì l’ orgogliosa ribellione (di Lucifero e dei suoi seguaci)". Come le vele gonfiate dal vento cadono (confusamente) avviluppate, se l’albero della nave si spezza, così piombò a terra il mostro malvagio. Scendemmo in tal modo nella quarta fossa, percorrendo un altro tratto della china dolorosa che contiene tutto il male dell’universo. Ahimè, giustizia di Dio! chi mai ammassa tanti inimmaginabili supplizi e dolori, quanti io ne vidi? e perché l’umana colpa a tal punto ci strazia ? Come (nello stretto di Messina) presso Cariddi le onde (del mar Ionio) si infrangono cozzando contro quelle del mar Tirreno, così necessariamente avviene che qui le turbe ballino. Qui vidi una moltitudine più numerosa che in altri luoghi, la quale provenendo dall’uno e dall’altro lato del cerchio rotolava pesi, spingendoli col petto ed emettendo alti lamenti. (Incontrandosi) cozzavano gli uni contro gli altri; e poi, in quello stesso punto, ognuno si volgeva indietro, rivoltando (anche il suo peso), e urlava: "Perché conservi? " e "Perché sperperi ? " In tal maniera tornavano indietro attraverso il cerchio tenebroso da entrambe le direzioni fino al punto diametralmente opposto, gridandosi di nuovo (anche) il loro ritornello ingiurioso; poi, una volta qui arrivato, ciascuno tornava indietro, ripercorrendo il suo semicerchio fino allo scontro successivo. E io, che mi sentivo quasi turbato, dissi: "Maestro, spiegami ora quale moltitudine è questa, e se costoro che sono alla nostra sinistra e hanno la tonsura, furono tutti ecclesiastici ". Ed egli: "Tutti quanti ebbero la mente così ottenebrata durante la vita in terra (la vita primaia: la prima vita), che non fecero alcuna spesa misuratamente. Le loro parole lo dichiarano abbastanza esplicitamente, allorché giungono nei due punti del cerchio dove i loro opposti peccati li separano. Questi, che portano la tonsura, furono ecclesiastici, e papi e cardinali, nei quali l’avarizia si manifestò in modo eccessivo". E io: "Fra costoro, maestro, dovrei certo riconoscere qualcuno che si macchiò di queste colpe". E Virgilio: "Accogli nella tua mente un pensiero assurdo: la dissennata vita che li rese turpi, li rende ora oscuri ad ogni tentativo di riconoscerli. Per l’eternità accorreranno ai due punti per scontrarsi: gli uni risorgeranno dalla tomba coi pugni chiusi, gli altri con i capelli recisi. Lo spendere e il risparmiare in misura smodata li ha privati del paradiso, e condannati a questa mischia: per farti capire di qual genere essa sia, non c’è bisogno che io l’adorni di belle parole. Puoi ora vedere, figlio, quanto sia breve l’inganno dei beni che sono affidati alla Fortuna, per i quali il genere umano si accapiglia; poiché tutte le ricchezze che sono e furono sulla terra, non potrebbero dar pace neppure a una sola di queste anime affaticate ". " Maestro ", dissi a Virgilio, " spiegami ancora: questa Fortuna, di cui tu mi fai cenno, cos’è mai, per poter tenere così tra i suoi artigli i beni della terra? " E Virgilio: "O esseri stolti, quanto grande è l’ignoranza che vi arreca danno! Voglio dunque che tu accolga la mia spiegazione (come il bambino riceve in bocca il cibo ). Dio, la cui sapienza oltrepassa ogni realtà, creò i cieli e assegnò a ciascuno di loro una guida in modo che ogni gerarchia angelica trasmette la luce al suo cielo, distribuendola equamente: allo stesso modo prepose a tutte le glorie del mondo una guida che le amministrasse tutte e che trasferisse a tempo debito i beni perituri da un popolo all’altro e da una stirpe all’altra, senza che la previdenza degli uomini potesse a lei opporsi; per questo una nazione domina, mentre un’altra si indebolisce, secondo la decisione da lei presa, decisione che resta nascosta come il serpente nell’erba. L’ accortezza degli uomini non può contrastare con lei: essa predispone, valuta (le opportunità), e svolge da regina il suo incarico come le intelligenze angeliche svolgono il loro. I cambiamenti da essa causati si succedono senza sosta: il suo dovere verso Dio l’obbliga ad operare rapidamente; perciò avviene spesso che qualcuno muti il proprio stato. Questa è colei che tanto è avversata anche da coloro che dovrebbero elogiarla, laddove invece la biasimano ingiustamente e la denigrano; ma essa se ne sta beata e non li ascolta: serena, insieme alle intelligenze angeliche, governa il moto della sua sfera e gode della sua beatitudine. Ma è tempo di scendere ormai verso un dolore più grande; già ogni stella che, quando venni in tuo aiuto, saliva in cielo, tramonta e non ci è concesso un lungo indugio ". Attraversammo il cerchio fino al margine opposto, all’altezza di una sorgente che ribolle e si riversa in un fossato che da essa deriva. L’acqua era più nera che livida; e noi, insieme alle onde torbide, scendemmo nel cerchio quinto attraverso un cammino malagevole. Questo triste ruscello sfocia nella palude chiamata Stige, dopo essere sceso fino alla base dei crudeli e foschi dirupi. Ed io, che ero intento a guardare, vidi in quella palude moltitudini imbrattate di fango, tutte nude, con l’espressione crucciata. Questi peccatori si colpivano l’un l’altro non solo con le mani, ma con la testa e col petto e coi piedi, e si dilaniavano a pezzo a pezzo coi denti. Virgilio disse: "Figlio, puoi ora vedere gli spiriti di coloro che furono sopraffatti dall’ira; e voglio che tu inoltre sappia che sotto il pelo dell’acqua vi sono dannati che sospirano, e fanno gorgogliare quest’acqua alla superficie, come puoi vedere, da qualunque parte tu guardi. Immersi nella fanghiglia, dicono: "Fummo malinconici nell’aria dolce allietata dal sole, portando nel nostro animo la caligine dell’accidia: ora ci addoloriamo nella nera melma". Si gorgogliano questo lamento (inno: qui in senso ironico) in gola, perché non lo possono pronunciare con parole chiare e complete". Costeggiammo così per lungo tratto la sozza palude, tenendoci tra il pendio asciutto e la melma, con lo sguardo rivolto a coloro che ingurgitano fango: giungemmo alla fine alla base d’una torre.
    Inferno: VIII Canto
    Proseguendo il mio racconto, dico che, molto prima di giungere ai piedi dell’alta torre, i nostri sguardi si diressero verso la sua sommità attratti da due fiammelle che vedemmo apparire lassù, e da un’altra che rispondeva ai segnali da tanto lontano, che a stento il nostro sguardo poteva distinguerla. Allora mi rivolsi a Virgilio, dicendo: " Che significato ha questo segnale? e quale risposta dà quell’altra luce? e chi sono quelli che l’hanno accesa ? " E Virgilio di rimando: " Sull’acqua melmosa puoi già scorgere colui che è atteso (da chi ha fatto i segnali), se i vapori che lo stagno esala non lo celano ai tuoi occhi ". Nessuna corda d’arco scoccò mai una freccia che volasse nell’aria con una velocità paragonabile a quella della piccola imbarcazione che vidi in quell’istante dirigersi sull’acqua verso di noi, pilotata da un solo nocchiero, che urlava: " Ti ho finalmente raggiunto, spirito malvagio! " " Flegiàs, Flegiàs, tu gridi inutilmente contro di noi " ribatte il mio maestro, "a non ci avrai in tuo potere che il tempo necessario per attraversare la palude fangosa." Come colui che apprende di essere stato gravemente ingannato, e allora prova rammarico, così divenne Flegiàs per l’ira che in lui si raccolse. Virgilio scese nella barca, e poi mi fece scendere dopo di lui; soltanto quando anch’io fui entrato, essa sembrò carica (gli abitanti dell’oltretomba, essendo esseri privi del corpo, non hanno peso). Non appena Virgilio e io fummo a bordo, l’antica (perché coeva dell’inferno) barca cominciò a fendere l’acqua, immergendosi in essa più profondamente di quanto non faccia di solito, quando trasporta le anime. Mentre solcavamo l’immobile palude, mi si parò davanti uno spirito coperto di fango, e disse: "Chi sei tu che arrivi anzitempo (prima del termine stabilito, cioè prima della morte ) ? " Ed io: " Se arrivo, non è certo per rimanere; ma chi sei tu, reso cosi sporco dal fango?" Rispose: "Vedi bene che sono uno di quelli che piangono (cioè un dannato) ". Ed io: " Restatene, anima maledetta, col pianto e col dolore; perché ti riconosco, anche se sei tutto imbrattato di fango ". Allora allungò verso la barca entrambe le mani (per rovesciarla o per colpire Dante ); ma Virgilio pronto lo respinse, dicendogli: " Via di qui, vattene a stare con gli altri maledetti ! " Poi mi abbraccio: mi baciò in viso, e disse: "Anima fiera, sia benedetta colei che ti ha portato nel grembo! Quello fu in vita un prepotente; nessuna azione buona abbellisce il ricordo che di sé ha lasciato: per questo la sua anima e qui in preda al furore. Quanti che si considerano adesso nel mondo persone di grande importanza, qui staranno come porci nel fango, lasciando di sé il ricordo di atti spregevoli ! " Ed io: "Maestro, sarei molto desideroso, prima di uscire dalla palude, di vederlo immergere in questa melma". E Virgilio: "Prima che tu possa vedere la riva, sarai appagato: è giusto che tu goda del soddisfacimento di questo tuo desiderio" . Poco dopo vidi gli iracondi fare di lui un tale scempio, che per esso ancora glorifico e rendo grazie a Dio. Tutti insieme gridavano: " Addosso a Filippo Argenti! "; e il rabbioso dannato fiorentino volgeva contro sé stesso la propria ira, dilaniandosi coi denti. Lo abbandonammo a questo punto, in condizioni tali, che non occorre aggiungere altre parole; ma ecco che un suono doloroso colpì il mio udito, per la qual cosa spalancai gli occhi guardando attentamente davanti a me. In questo canto il linguaggio è sempre teso e ricco di movimento drammatico; il presente storico sbarro sottolinea la subitaneità della nuova impressione che il Poeta avverte. Virgilio mi disse: " Ormai, figlio, si avvicina la città chiamata Dite, coi suoi abitanti oppressi dal dolore, col grande esercito (dei diavoli)". Ed io: " Maestro, distinguo già chiaramente laggiù nell’avvallamento le sue torri, rosseggianti come se fossero uscite dal fuoco". E Virgilio mi disse: "Il fuoco eterno che all’interno le arroventa, le fa apparire rosse, come puoi vedere in questa parte bassa dell’inferno ". Arrivammo infine dentro i profondi fossati che difendono quella città desolata: mi sembrava che le mura fossero di ferro. Non senza aver prima fatto un ampio giro, giungemmo in un punto dove il nocchiero gridò ad alta voce: " Uscite da qui (dalla barca): ecco la porta (della città di Dite) ". Vidi più di mille diavoli a guardia delle porte, i quali con stizza dicevano: " Chi e costui che ancora in vita visita il regno dei morti?". E il mio saggio maestro accennò di voler parlare con loro in disparte. Allora frenarono un poco la loro grande ira, e dissero: "Vieni soltanto tu, e vada via quello, che con tanto ardire e penetrato in questo regno. Ripercorra da solo il cammino temerario (fatto fin qui): provi, se ne è capace; perché tu, che gli hai fatto da guida in un paese così buio, resterai qui ". Immagina, lettore, quanto mi perdetti d’animo nell’udire queste parole maledette, perché credetti di non poter mai più tornare fra i vivi. " Mia amata guida, che innumerevoli volte mi hai ridato coraggio e salvato dai grandi pericoli che mi si pararono contro, non mi abbandonare " dissi " in questo stato di angoscia; e se non ci è consentito di andare avanti, ripercorriamo subito insieme il cammino che abbiamo fatto (per venire fin qui). " E Virgilio, che mi aveva condotto li, mi disse: "Non aver paura; perché nessuno può precluderci il passaggio: tanto potente è colui dal quale è voluto. Tu attendimi qui, e conforta il tuo animo prostrato alimentandolo con lasperanza che non inganna, poiché io non ti abbandonerò in questa parte bassa dell’ inferno (nel mondo basso)". Così dicendo il mio padre affettuoso se ne va, e qui mi lascia solo, e io resto nel dubbio, poiché nella mia testa il timore combatte con la speranza. Non potei udire quello che disse loro: ma egli non si trattenne a lungo là con essi, che già ciascuno dei diavoli gareggiava in velocità con gli altri nel tornare correndo dentro le mura. Quei nostri nemici chiusero le porte davanti a Virgilio, che restò fuori, e tornò verso di me con passi lenti. Teneva gli occhi abbassati ed aveva un’espressione sfiduciata, e diceva sospirando: "Da chi mai mi viene impedito l’ingresso nelle sedi del dolore! ". E rivolto a me: "Anche se io mi cruccio, non perderti d’animo, perché vincerò questa prova di forza, chiunque dentro le mura si adoperi per vietarci l’ingresso. Questa loro presunzione non è nuova: perché già l’adoperarono davanti a una porta meno interna, la quale si trova ancor oggi spalancata. Sopra di essa hai veduto l’iscrizione che parla della morte eterna: e varcatala già scende per la china, passando di cerchio in cerchio senza guida o protezione, colui ad opera del quale la città ci sarà aperta".

    Inferno: IX Canto

    Come le rane all’apparire della biscia, loro nemica, si disperdono tutte nel l’acqua, fino ad appiattirsi ognuna contro terra, così vidi innumerevoli dannati darsi alla fuga all’avvicinarsi di qualcuno che attraversava camminando lo Stige senza bagnarsi neppure le piante dei piedi. Allontanava dal suo viso la fitta nebbia, muovendo spesso davanti a sé la mano sinistra; e sembrava infastidito soltanto da questa preoccupazione. Compresi facilmente che era inviato dal cielo, e mi volsi a Virgilio; ed egli mi fece intendere con un cenno che dovevo restare tranquillo ed inchinarmi davanti a lui. Ahi come mi sembrava pieno di sdegno! Giunse alla porta (di Dite) e, toccandola con una piccola verga, la aprì senza incontrare alcun ostacolo. "O espulsi dal cielo, stirpe disprezzata", prese a dire sullo spaventoso limitare, " da dove viene questa tracotanza che si raccoglie in voi? Perché vi opponete a quella volontà (la volontà di Dio) il cui compimento non può mai essere ostacolato, e che più di una volta ha accresciuto il vostro dolore? A che serve opporsi ai decreti divini ? Se ben ricordate, il vostro Cerbero, per questa ragione, ha tuttora privi di pelo la parte inferiore del muso e il collo. " Poi tornò indietro ripercorrendo il sozzo cammino, e non ci rivolse neppure una parola, ma assunse l’aspetto di uno che è assillato e stimolato da una preoccupazione diversa da quella di colui che gli sta davanti; e noi ci incamminammo verso la città, rassicurati dopo le sante parole da lui dette. Entrammo in essa senza incontrare opposizioni; e io, che desideravo osservare lo stato delle cose contenute dentro quelle mura fortificate, non appena entrato, mi guardai d’attorno; e vidi da ogni parte una grande pianura colma di dolore e di supplizi crudeli. Come ad Arles, dove la corrente del Rodano (sfociando nel mare) si arresta, e come a Pola, presso il golfo del Quarnaro che delimita l’Italia e ne bagna i confini, le tombe rendono tutto il terreno vario, così facevano qui in qualsiasi punto, solo che la forma della sepoltura era più angosciosa; poichè fra i sepolcri erano sparse fiamme, a causa delle quali erano tanto roventi, che nessun’arte (di fabbro) chiede che il ferro lo sia di più. Le pietre tombali erano tutte sollevate, e uscivano dai sepolcri lamenti così disperati, che parevano davvero (lamenti) di infelici e di suppliziati. E io: "Maestro, quali sono quelle turbe che sepolte dentro quelle tombe, si fanno udire attraverso i loro dolorosi gemiti ? " E Virgilio: "Qui si trovano i capi di eresie con i loro seguaci, di ogni setta, e i sepolcri sono molto più pieni di quanto tu creda. I seguaci di una stessa eresia sono sepolti insieme, e i monumenti sepolcrali sono ora più ora meno caldi". E dopo essersi volto a destra, ci incamminammo fra il luogo dei supplizi e le alte mura.
    Inferno: X Canto
    Ora il mio maestro avanza per uno stretto sentiero, tra il muro che cinge la città e i sepolcri roventi, e io lo seguo. "O virtù eccelsa (Virgilio), che mi conduci, come tu vuoi, attraverso i cerchi degli empi" presi a dire, "parla ed esaudisci il mio desiderio. Sarebbe possibile vedere i peccatori che giacciono dentro le tombe? tutti i coperchi, infatti, sono sollevati, e nessuno fa ad essi la guardia. " E Virgilio: "Tutte le tombe saranno chiuse quando (nel giorno del Giudizio Universale) le anime torneranno qui dalla valle di Giosafàt insieme ai corpi che hanno lasciato in terra. In questa zona del cerchio hanno il loro luogo di sepoltura Epicuro e i suoi adepti, i quali credono che l’anima muoia insieme al corpo. Perciò ben presto dentro questo stesso cerchio sarà data soddisfazione alla domanda che mi fai, e anche al desiderio che mi nascondi ". E io: "Mia buona guida, io non ti tengo celato il mio animo se non per parlare poco, e tu stesso mi hai indotto a ciò non soltanto ora". "O Toscano che ancora in vita percorri la città infuocata parlando in modo così decoroso, abbi la compiacenza di fermarti qui. Il tuo modo di parlare rivela che sei nato in quella nobile terra alla quale forse arrecai troppo danno." Questa voce si levò all’improvviso da uno dei sepolcri; mi avvicinai, intimorito, un po più a Virgilio. Ed egli mi disse: "Voltati: che cosa fai? Ecco là Farinata che si è levato: lo vedrai interamente dalla cintola in su ". Io avevo già fissato il mio sguardo nel suo; ed egli stava eretto con il petto e con la fronte quasi avesse l’inferno in grande disprezzo. E le mani incoraggianti e sollecite ti Virgilio mi sospinsero fra le tombe verso quel dannato, con questa esortazione: "Le tue parole siano misurate". Non appena fui ai piedi della sua tomba, mi osservò un poco, e poi, quasi sprezzante, mi chiese: "Chi furono i tuoi antenati ? " Io, che desideravo obbedire, non glieli nascosi, ma tutti glieli indicai; per cui egli sollevò un poco le ciglia, poi disse: "Furono acerrimi nemici miei e dei miei avi e del mio partito, tanto che per due volte li debellai". " Se furono mandati in esilio, tornarono da ogni luogo" gli risposi "sia la prima che la seconda volta; ma i vostri non impararono bene l’arte del ritornare". A questo punto si levò dall’apertura scoperchiata un’ombra accanto a quella di Farinata, visibile dal mento in su: penso si fosse alzata sulle ginocchia. Guardò intorno a me, come se avesse desiderio di vedere se con me c’era qualcun altro; e dopo che ebbe finito di dubitare, tra le lagrime disse: "Se il tuo alto ingegno ti consente di attraversare la buia prigione infernale, dov’è mio figlio? perché non è con te? ". Ed io: "Non giungo per mio merito: Virgilio, che là mi aspetta, attraverso questo luogo mi conduce, se riuscirà a seguirlo, fino a colei (Beatrice, simbolo della fede) che il vostro Guido ebbe in dispregio". Le sue parole e la qualità del supplizio mi avevano già palesato il nome di questo peccatore; perciò la mia risposta fu tanto esauriente. Alzatosi di scatto in piedi gridò: "Come hai detto? egli ebbe? non vive più? la dolce luce non colpisce più i suoi occhi? " Quando si avvide di un certo indugio che io facevo prima di rispondergli, cadde nuovamente indietro e non si mostrò più fuori. Ma il magnanimo Farinata, a richiesta del quale mi ero fermato, non cambiò espressione, né mosse il collo, né chinò il suo fianco; e proseguendo il discorso di prima, disse: " Se hanno male imparato l’ arte del ritornare, ciò mi procura un dolore più grande di quanto non faccia la tomba in cui sto a giacere. Ma il volto della donna che qui governa non si riaccenderà nemmeno cinquanta volte, che tu stesso apprenderai quanto sia dura l’arte di ritornare in patria. E voglia il cielo che tu possa ritornare nel mondo dei vivi, dimmi (per questo augurio che ti faccio): perché il popolo fiorentino è così spietato in ogni sua legge contro quelli della mia famiglia? " Gli risposi: " La crudelissima strage che tinse del colore del sangue il fiume Arbia, fa prendere tali decisioni nelle nostre assemblee ". Dopo aver sospirato e scosso la testa, disse: " Non fui io solo a provocare questa strage né certamente senza un motivo mi sarei mosso insieme agli altri esuli. Ma fui io solo, là dove fu da tutti tollerato che Firenze venisse rasa al suolo, colui che la difesi apertamente " "Deh, possa aver pace un giorno la vostra discendenza " lo pregai, "scioglietemi (in nome di questo augurio) quel dubbio che in questo cerchio ha confuso le mie idee. Sembra che voi prevediate , se intendo bene, quello che il tempo porta con sé (il futuro), ma per il presente vi trovate in una condizione diversa. " " Noi vediamo " disse " come colui che ha la vista difettosa, le cose che sono da noi lontane; di tanto ancora ci illumina Dio. Quando esse si avvicinano o sono presenti, la nostra mente non ci è di nessun aiuto; e se qualcun altro non ci porta notizie, non sappiamo nulla del vostro stato sulla terra. Puoi pertanto capire come la nostra conoscenza sarà del tutto offuscata dal momento in cui (dopo il Giudizio Universale) la porta del futuro si chiuderà. " Allora, come punto dal rimorso per una colpa da me compiuta, parlai: " Ora direte dunque all’ombra che è ricaduta (nel sepolcro) che suo figlio è ancora unito ai vivi; e riferitele che, se poc’anzi tacqui invece di risponderle, lo feci perché già stavo pensando al dubbio che mi avete chiarito ". Ormai Virgilio mi stava richiamando; perciò con maggior sollecitudine pregai Farinata che mi facesse i nomi dei suoi compagni di pena. Mi disse: " In questa parte del cerchio giaccio con moltissimi altri: qui dentro ci sono Federico Il, e il Cardinale; e taccio dei rimanenti ". Poi si nascose (nel sepolcro); ed io mi diressi verso Virgilio, riandando col pensiero a quella profezia che mi sembrava ostile. Egli s’incamminò; e poi, mentre procedevamo, mi chìese: " Perché sei così turbato? " E io risposi alla sua domanda. "La tua memoria serbi ciò che di ostile ti è stato predetto " mi ingiunse Virgilio. "Ed ora fa attenzione a queste parole " ed alzò l’indice: " quando ti troverai in presenza della soave luce che si sprigiona da colei (Beatrice) che vede tutte le cose, apprenderai da lei il corso della tua vita. " Poi si diresse verso sinìstra: ci allontanammo dal muro e procedemmo, verso la parte centrale del cerchio seguendo un sentiero che terminava in un baratro il quale faceva giungere fin lassù il suo puzzo nauseabondo.
    Inferno: XIII Canto
    Nesso non era, ancora arrivato di là (dal guado), quando noi entrammo in un bosco che non aveva alcuna traccia di sentieri. Non c’erano foglie verdi, ma di colore scuro; non rami lisci e diritti, ma nodosi e contorti; non frutti, ma spine con veleno: quegli animali selvaggi che (in Maremma) tra il fiume Cecina e la località di Corneto odiano i luoghi coltivati, non hanno (per loro dimora) macchie così irte e pungentì e così folte. Qui fanno i loro nidi le sozze Arpie, che costrinsero alla fuga dalle isole Strofadi i Troiani con la funesta profezia di mali futuri. Hanno ali larghe, colli e facce di esseri umani, piedi con artigli, e il grande ventre coperto di penne; si lamentano, in modo strano, sugli alberi. E il valente maestro: " Prima che tu ti inoltri, sappi che sei nel secondo girone " cominciò a dirmi, " e vi starai fino a quando tu arriverai all’orribile distesa sabbiosa: perciò guarda ripetutamente e con attenzione; così facendo vedrai cose tali che toglierebbero credito alle mie parole". lo sentivo da ogni parte emettere lamenti acuti, e non vedevo nessuno che li facesse; per questo tutto smarrito mi fermai. Ritengo che Virgilio pensasse che io credessi che voci così numerose uscissero, (passando) tra quegli alberi secchi, da gente che si nasc:ondesse a noi. Perciò il maestro disse: " Se tu spezzi un qualsiasi ramoscello di una di queste piante, i tuoi pensieri si dimostreranno tutti erronei ". Allora stesi la mano un poco in avanti, e colsi un ramoscello da un grande albero spinoso; e il suo tronco gridò: " Perché mi schianti ? " Poi, dopo che si coprì di sangue, ricominciò a dire: " Perché mi strappi ? non hai tu alcun senso di pietà? Fummo uomini, e ora siamo trasformati in piante selvatiche: la tua mano dovrebbe essere anche più pietosa, se fossimo state anime di serpi ". Come da un tizzone verde al quale ad una estremità sia appiccato il fuoco, che dall’altra stilla gocce di umore e stride a causa dell’arla interna che ne esce, allo stesso modo dal ramo rotto uscivano insieme parole e sangue; perciò io lasciai cadere il ramoscello, e rimasi immobile come chi ha paura. "Se egli avesse potuto credere senza provare" rispose il saggio Virgilio: "o anima ferita, ciò che ha veduto soltanto per mezzo della mia poesia, non avrebbe stesa la mano contro di te; ma la cosa, in sé incredibile, mi spinse a indurlo a compiere un atto che rincresce a me per primo. Ma digli chi tu fosti, cosicché invece di un qualche risarcimento ravvivi la tua fama nel mondo dei vivi, dove gli è lecito ritornare. " E il tronco (disse) : " Mi attiri, con l’esca delle tue dolci parole in modo tale, che io non posso tacere; e a voi non pesi se io mi trattengo un poco a discorrere. Io sono colui, che tenni tutte e due le chiavi del cuore di Federico, e che le girai, aprendo e chiudendo, così delicatamente, che esclusi quasi ogni altra persona dalla sua intimità: fui tanto fedele al mio glorioso incarico, che a causa di ciò perdetti la quiete e la salute. L’invidia, rovina di tutti è male delle corti, che mai ha distolto il suo sguardo disonesto dalla corte imperiale, aizzò tutti gli animi contro di me; e gli aizzati aizzarono tanto l’imperatore, che le gloriose onorificenze si convertirono in cupi dolori. Il mio animo, per sprezzante compiacimento, credendo che con la morte si sarebbe sottratto al disprezzo, mi rese ingiusto contro me stesso (che ero invece) giusto. Per le mostruose radici di questo albero vi giuro che mai venni meno alla fedeltà verso il mio signore, che fu tanto degno di rispetto. E se l’uno o l’altro di voi torna nel mondo, renda giustizia alla mia memoria, che è ancora prostrata per il colpo che l’invidia le inferse ". Virgilio attese un poco, e poi mi disse: " Dal momento che egli tace non perdere tempo; ma parla, rivolgigli domande, se hai piacere di sapere di più ". Perciò io dissi a lui: " Domanda ancora tu ciò che credi possa appagarmi; perché io non potrei, da così grande pietà sono toccato nel cuore! " Perciò riprese: " Se ti verrà fatto spontaneamente il favore che le tue parole chiedono in tono di preghìera, spirito prigioniero, ti sia gradito ancora di dirci in che modo l’anima si rapprende in questi duri nodi; e rivelaci, se puoi, se mai qualche anima si libera da simili membra. Allora il tronco soffiò forte, e poi quel soffio si convertì in tali parole " Vi sarà data una risposta breve. Quando l’anima crudele (contro il corpo) si separa dal corpo dal quale essa stessa si è strappata, Minosse la manda al settimo cerchio. Cade nella selva, e non le è prescelto il luogo; ma là dove il caso la scaglia, qui germoglia come seme di frumento. Cresce in forma di virgulto e di pianta selvatica: poi le Arpie, pascendosi delle sue foglie, le procurano dolore, e un varco alle manifestazioni di esso. Come le altre (anime) verremo (nella valle di Giosafàt) a riprendere i nostri corpi, ma non per questo alcuna di noi se ne rivestirà, poiché non è giusto avere ciò di cui ci si è privati. Trascinererno penosamente i nostri corpi (fin qui), ed essi saranno appesi nella mesta selva, ciascuno alla pianta in cui è chiusa la sua anima nemica a se stessa ". Noi eravamo ancora tutti intenti all’albero, credendo che ci volesse dire altre cose, quando fummo sorpresi da un rumore, come colui che sente arrivare il cinghiaie e i cani e i cacciatori al luogo dove si è appostato, e ode le bestie e lo stormire delle fronde. Ed ecco apparire due dal lato sinistro, nudi e pieni di graffi, che scappavano così in fretta, da rompere ogni fronda del bosco. Quello (che correva) davanti (gridava): " Presto corrimi in aiuto, corrimi in aiuto, o morte ! " E l’altro, che si accorgeva di restare pericolosamente indietro, gridava: " Lano, non furono così abili le tue gambe nella battaglia del Toppo! " E poiché forse gli mancava il fiato, di sé e di un cespuglio fece un viluppo annodato strettamente. Dietro di loro c’era la selva piena di nere cagne, bramose e veloci come cani da caccia sguinzagliati in quel momento, Azzannarono quello che si era nascosto (nel cespuglio), e lo lacerarono pezzo per pezzo; poi se ne andarono portando (con sé) quelle membra dolenti. Allora la mia guida mi prese per mano, e mi condusse al cespuglio che piangeva inutilmente attraverso gli squarci sanguinanti. Diceva il cespuglio: " O Giacomo da Sant’Andrea, a che ti è servito farti scudo di me? che colpa ho io della tua vita colpevole? " Quando il maestro si fermò presso di lui, disse: " Chi fosti, che attraverso tante ferite emetti parole dolorose insieme a sangue? " Ed egli (rispose) a noi: " O anime che siete arrivate per vedere lo strazio indecoroso che ha staccato con tanta violenza le mie fronde da me stesso, radunatele ai piedi del cespuglio miserevole. Io fui della città (Firenze) che mutò il primo patrono (Marte) con il Battista (San Giovanni Battista); onde egli (Marte) a causa di ciò sempre la affliggerà con la sua arte (la guerra); e se non fosse che sul ponte dell’Arno rimane ancora un’immagine di lui, quei cittadini che più tardi la fondarono nuovamente sulle ceneri rimaste dopo Attila, avrebbero fatto fare il lavoro inutilmente. Io mi impiccai nella mia casa ".
    Inferno: XV Canto
    Ora ci porta una delle due salde sponde; e il vapore del ruscello fa schermo, in modo da riparare dalle fiamme l’acqua e gli argini. Come la diga che i Fiamminghi, temendo la marea che si scaglia contro di loro, innalzano tra Wissant e Bruges perché il mare si ritiri, e come quella che i Padovani (innalzano) lungo il corso del Brenta, per proteggere le loro città e i loro borghi fortificati, prima che la Carinzia (comprendeva anche la Valsugana dove nasce il Brenta) senta il caldo (che, sciogliendo le nevi, fa ingrossare i fiumi), in tal modo erano costruiti quegli argini, benché l’artefice, chiunque egli fosse stato, non li avesse fatti né così alti né così larghi. Già ci eravamo allontanati dalla selva tanto, che non avrei veduto dove essa era, anche se io mi fossi voltato indietro, quando incontrammo un gruppo di anime che camminavano lungo l’argine, e ognuna ci osservava come ci si scruta di sera nel periodo del novilunio; e aguzzavano lo sguardo verso di noi avvicinando l’una all’altra le palpebre così come il vecchio sarto fa (nello sforzo di introdurre il filo) nella cruna dell’ago. Osservato in tal modo da questa schiera, fui riconosciuto da uno, che afferrò l’orlo della mia veste e gridò: "Quale sorpresa! " E io, allorché tese il suo braccio verso di me, fissai lo sguardo in quei lineamenti bruciati, in modo che il volto ustionato non impedì alla mia mente di riconoscerlo; e chinando il mio viso verso il suo, risposi: "Qui vi trovate, ser Brunetto? " E quello: " Figliolo, non ti rincresca il fatto che Brunetto Latini torni un po’ indietro con te e abbandoni la schiera ". Gli dissi: " Ve ne prego di tutto cuore; e se volete che mi sieda con voi, lo farò, se la cosa incontra l’approvazione di costui insieme al quale cammino ". " Figlio ", disse, " chiunque di questa schiera si ferma per un attiimo, giace poi per cento anni senza poter difendersi quando la pioggia di fuoco lo colpisce. Perciò continua a procedere: io ti camminerò accanto; poi raggiungerò la mia schiera, che sconta dolorosamente la sua pena eterna. " Io non osavo scendere dall’argine (della strada) per camminare al suo stesso livello; ma tenevo la testa china come chi cammina pieno di riverenza. Egli cominciò a parlare: "Quale caso o quale volere divino ti conduce quaggiù prima dell’ultimo giorno (prima della morte)? e chi è costui che indica la strada? " " Lassù, nel mondo luminoso " gli risposi " mi perdetti in una valle, prima che la parabola della mia vita fosse giunta al suo culmine. Soltanto ieri mattina l’ho lasciata: costui mi si mostrò nel momento in cui stavo per rientrare in essa, e mi riconduce a casa (sulla retta via) attraverso questo cammino." Ed egli: " Se tu segui l’ astro che ti guida, non puoi non approdare alla gloria, se non errai nel mio giudizio mentre ero tra i vivi; e se io non fossi morto tanto presto, vedendo il cielo a te così favorevole, ti avrei incoraggiato e sostenuto nella tua opera. Ma quel popolo ingrato e perverso che anticamente scese da Fiesole, e ancora conserva l’indole della rupe e della pietra, diventerà, per il tuo retto agire, tuo nemìco: ed è giusto, poiché il dolce fico non deve produrre i suoi frutti in mezzo ai sorbi aspri. Un antico detto nel mondo dei vivi li definisce ciechi; è gente avara, invidiosa e superba: fa in modo di mantenerti immune dai loro costumi . La tua sorte ti riserva tanto onore, che sia l’uno che l’altro partito (sia i Neri che i Bianchi) vorranno divorarti; ma l’erba sarà lontana dal caprone, Le belve discese da Fiesole facciano foraggio di loro medesime (si divorino fra di loro), e non tocchino l’albero, se in mezzo alla loro sozzura se ne eleva ancor uno, nel quale riviva il sacro seme di quei Romani che lì si fermarono allorché si costituì il covo di tanta malvagità ". " Se la mia preghiera fosse stata interamente esaudita " gli risposi, " voi non sareste ancora morto (dell’umana natura posto in bando: esiliato dalla vita umana). poiché nella mia memoria è impresso, e adesso mi addolora, il caro e buon aspetto paterno che avevate quando in vita di tanto in tanto mi insegnavate come l’uomo acquista gloria imperitura: e quanto (il vostro aspetto) mi sia gradito, è giusto che si veda attraverso le mie parole. Quello che mi raccontate sul corso della mia vita lo annoto nella memoria, e lo conservo per farlo interpretare insieme con un’altra predizione (la profezia di Farinata) da una donna (Beatrìce) che ne sarà capace, se sarò in grado di arrivare fino a lei. Questo soltanto voglio che sappiate: sono preparato ai colpi della Fortuna, comunque voglia colpirmi, purché la mia coscienza non mi rimproveri. Una tale promessa non è nuova al mio udito: perciò la Fortuna giri pure la sua ruota come vuole, e il contadino la sua zappa." Virgilio si volse allora indietro verso destra, e mi fissò; poi disse: "Ascolta con profitto una cosa chi sa ricordarla ". Nondimeno continuo a camminare parlando con ser Brunetto, e chiedo chi siano i suoi compagni più celebri e più egregi. Ed egli: " E’ bene apprendere qualcosa intorno ad alcuni (di loro); degli altri sarà cosa lodevole non fare menzione, poiché il tempo non basterebbe a un discorso così lungo. Sappi in breve che furono tutti ecclesiastici e dotti di grande valore e di grande rinomanza, insozzati in vita da un medesimo peccato. Con quella folla infelice se ne vanno Prisciano e Francesco d’Accorso; e se avessi avuto desiderio di guardare una tale sozzura, avresti potuto vedere in essa colui che dal pontefice fu trasferito da Firenze a Vicenza, dove lasciò la sua vita peccaminosa. Parlerei più a lungo; ma il camminare e il parlare non possono essere prolungati, poiché vedo laggiù levarsi nuova polvere dalla distesa sabbiosa. Si avvicina una schiera alla quale non devo unirmi: ti sia raccomandato il mio Tesoro nel quale sopravvívo, e non chiedo altro ". Poi si voltò, e sembrò uno di quelli che a Verona corrono nella campagna (gareggiando per vincere) il drappo verde; e sembrò quello che tra costoro vince, non quello che perde.


     
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  2. bambolita bonita**miss biondina
     
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    nn era qll ke cercavo
     
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  3. MooxExiptiomy
     
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