L’ASSOLUTISMO ILLUMINATO

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    L’ASSOLUTISMO ILLUMINATO (sintesi e integrazione)

    Intorno alla metà del ‘700 dalla Francia si irradiò in Europa quel grande movimento intellettuale, filosofico e culturale che andò sotto il nome di Illuminismo. L’idea portante dell’Illuminismo fu quella di considerare la razionalità (o ragione) umana come un enorme potere, un privilegio che l’uomo, nel corso della sua storia, non aveva saputo apprezzare e sfruttare adeguatamente. La ragione quindi, per gli illuministi, era quel “lume” di cui servirsi per risolvere i tanti problemi umani, per superare antiche paure, per orientarsi nella vita privata e pubblica. La razionalità pertanto doveva essere lo strumento attraverso cui riformare la società, rendendola più equa, più equilibrata, più degna dell’uomo. L’idea delle riforme fu alla base di quel fenomeno politico definito dagli storici assolutismo illuminato. Il significato del termine assolutismo è stato già ampiamente spiegato a proposito della politica del “re Sole” e comunque esso indicava il fatto che il potere dei sovrani fosse illimitato, non controllato da nessuno e completamente concentrato nelle loro mani (il sovrano tendeva ad esercitare, in forma più o meno diretta, i tre poteri fondamentali dello Stato). L’aggettivo “illuminato”, invece, indicò il fatto che tale potere, per quanto assoluto, fosse concepito ed avvertito dai sovrani come un servizio da compiere in nome del popolo e a favore del popolo. I sovrani illuminati cioè, proprio perché si lasciavano guidare dai “lumi” della ragione, identificarono la ragion d’essere del potere nel prendersi cura dei sudditi, nel cercare di risolvere i loro problemi materiali secondo criteri di razionalità ed equità: essi si preoccuparono in un certo senso di garantire ed assicurare il benessere e la felicità del loro popolo, promuovendo il progresso generale dell’intera società. Si trattava di idee alquanto innovative, poiché tradizionalmente il potere politico si era preoccupato soprattutto di concedere privilegi e favori alle oligarchie dominanti e aveva considerato prevalentemente il popolo come una massa da sfruttare e da sottomettere. Non a caso l’Illuminismo sosteneva che lo scopo della società umana fosse il raggiungimento del benessere e della felicità per tutti. Il vero compito dello Stato era dunque quello di promuovere lo sviluppo sociale, culturale ed economico, cioè di realizzare il cosiddetto progresso. Furono queste le idee che confluirono poi nella Rivoluzione francese e nei movimenti socialisti dell’800. Gli strumenti utilizzati per conseguire tali obiettivi furono, come si è detto, le riforme: riformare significava rendere lo Stato più moderno, più giusto e più razionale, proprio perché la società feudale da cui si usciva era stata profondamente iniqua, basata su privilegi e su istituzioni irrazionali. Il riformismo illuminato fu dunque quel grande processo politico e culturale attraverso cui alcuni Stati europei cercarono di modernizzarsi, superando il Medioevo e dandosi nuove ed efficaci strutture burocratiche, giuridiche, civili ed economiche. In questo modo si avviò, in alcuni paesi, il processo di graduale superamento della vecchia società feudale. In particolare si procedette a grandi passi, attraverso la politica del giurisdizionalismo, verso la progressiva laicizzazione (o secolarizzazione) dello Stato, che acquisì una totale autonomia rispetto alla legislazione ecclesiastica (giurisdizionalismo significò precisamente subordinazione, sul piano giuridico-amministrativo, della Chiesa allo Stato). Il riformismo illuminato non riguardò però tutti i paesi europei: c’erano infatti alcuni di essi, come l’Inghilterra e l’Olanda, che non solo non erano retti da sovrani assoluti, ma non necessitavano nemmeno di riforme giuridiche, economiche e sociali, in quanto si presentavano già con un quadro legislativo ed economico - sociale decisamente avanzato per il tempo. Altri paesi, come la Francia o la Spagna, non conobbero questa esperienza riformistica in quanto essa fu ostacolata dalle forti resistenze dei ceti privilegiati (nobiltà, alto clero) legati al vecchio sistema feudale. In Francia sarà la grande rivoluzione del 1789 a spazzare via l’ancient regime. L’assolutismo illuminato riguardò in particolare tre paesi europei: la Russia, l’Impero asburgico e la Prussia. Anche alcuni Stati italiani furono coinvolti dalla politica riformistica: la Lombardia, che all’inizio del ‘700 divenne una possedimento asburgico, in cui furono sperimentate alcune di quelle riforme poi estese a tutto l’Impero; il granducato di Toscana, dove si era insediata la dinastia dei Lorena, imparentata con gli Asburgo: qui operò il granduca Pietro Leopoldo, che divenne poi imperatore alla morte del fratello Giuseppe il regno di Napoli II. Il ducato di Parma e Piacenza, in cui s’insediarono prima gli Asburgo e poi i Borbone;, dove in particolare si segnalò il riformismo di Carlo III di Borbone, sovrano illuminato che divenne poi re di Spagna. Il regno di Sardegna, dove operò un sovrano riformatore di grande rilievo come Vittorio Amedeo II (1682-1730). Per quanto concerne l’Europa bisogna ricordare in particolare questi grandi sovrani illuminati: Elisabetta e Caterina II di Russia; Maria Teresa d’Asburgo e suo figlio Giuseppe II; Federico II di Prussia. Schematizzando si possono elencare alcune riforme significative attuate nei diversi settori:
    1) nell’amministrazione statale, che fu razionalizzata, resa efficiente, capillare e soprattutto centralizzata. Furono ridotte le autonomie locali e fu affermata la dipendenza di province e regioni dal potere del governo centrale. In alcuni Stati inoltre si cercò di avviare o di portare avanti il processo di unificazione legislativa, ossia l’eliminazione delle diverse leggi e la loro sostituzione con un ordinamento giuridico unico ed omogeneo. Nacque nel ‘700 la burocrazia tipica degli Stati occidentali contemporanei. La riforma più significativa fu l’istituzione dei catasti, ossia degli uffici statali che censivano tutti i beni immobili e, sulla base del loro valore economico, li sottoponevano a tassazione. Cominciò con i catasti il processo che portò verso l’istituzione di un sistema fiscale più equo e razionale. Per diventare un burocrate dello Stato divenne obbligatorio il possesso di un titolo di studio.
    Un altro aspetto dell’amministrazione statale che fu oggetto di attenzioni e riforme da parte dei sovrani illuminati fu l’esercito, che divenne una forza permanente, spesso reclutata attraverso la coscrizione obbligatoria. La selezione, la disciplina, l’inquadramento, l’addestramento delle truppe furono rigorosamente regolati attraverso leggi dello Stato. Gli eserciti occasionali, disordinati, sbandati ed improvvisati del passato scomparvero definitivamente. Nacquero le prime caserme e le Accademie militari: l’arte della guerra divenne materia di insegnamento.
    2) Nel campo scolastico nacquero le prime scuole statali, sottratte quindi al monopolio dei religiosi, e fu affermato il principio dell’obbligatorietà e della gratuità della scuola primaria (Prussia); furono inoltre potenziate e curate le scuole superiori e le università, in cui si formavano i quadri dirigenti della nazione.
    3) In campo religioso si affermò la nuova politica del giurisdizionalismo: come si è già detto, tale termine indicò la nuova tendenza a subordinare la Chiesa allo Stato, secondo le direttrici già tracciate dalla Chiesa gallicana francese. Soprattutto in Austria, paese tradizionalmente molto cattolico, il giurisdizionalismo fu forte e sottrasse beni e competenze alla Chiesa di Roma. La politica religiosa degli Stati riformisti comportò anche lo scioglimento di alcuni ordini religiosi e l’acquisizione allo Stato dei loro beni (famoso fu lo scioglimento dell’ordine dei Gesuiti, i quali vennero allontanati dalle corti, dalle scuole e dalle altre cariche in quanto considerati come un’emanazione del potere papale e come l’incarnazione dell’oscurantismo politico-culturale cattolico). Anche in Russia, in cui già per tradizione la Chiesa ortodossa era subordinata allo Stato, con la zarina Caterina II, la politica giurisdizionalista si affermò con forza, soprattutto attraverso la chiusura di molti conventi, la riduzione del numero complessivo degli ecclesiastici e l’acquisizione di ingenti beni da parte dello Stato. Il giurisdizionalismo settecentesco dunque costituì una tappa fondamentale del processo di secolarizzazione dello Stato e della società.
    Inoltre la politica degli Stati illuministi fu più tollerante verso le minoranze religiose. In generale venne ridimensionata la potenza economica della Chiesa, a cui furono tolte alcune posizioni di privilegio.
    4) Nell’economia si ebbero riforme di grande rilevanza storica: furono abolite o comunque ridimensionate nelle loro competenze le corporazioni di origine medioevale, in quanto costituivano un ostacolo allo sviluppo economico. In osservanza al principio fisiocratico della libertà di scambio, furono liberalizzati i commerci dei cereali e di altri prodotti. In questa prospettiva si cercò anche di eliminare tutti quegli ostacoli giuridici e fiscali (dazi, pedaggi ecc.) che impedivano la formazione di un unico mercato interno (= nazionale), considerato indispensabile per promuovere lo sviluppo economico di una nazione. Alcuni sovrani inoltre tentarono di risolvere il secolare problema della servitù e delle prestazioni obbligatorie (corvèe) che gravavano sui contadini, ma gli sforzi in questa direzione non diedero risultati significativi.
    5) Nel campo giuridico e civile si ebbero riforme di grande portata: furono abolite le leggi che discriminavano gli ebrei; fu riformato il diritto penale e fu abolita la pratica della tortura. La pena di morte fu prevista solo per casi eccezionali o fu addirittura eliminata, come avvenne nel granducato di Toscana che l’abolì nel 1786. A questo proposito è il caso di ricordare la figura del grande illuminista lombardo Cesare Beccaria, autore di un testo che ebbe grande risonanza in tutta Europa, Dei delitti e delle pene, in cui sostenne appunto che la tortura fosse non solo incivile e barbarica ma controproducente, in quanto costringeva l’imputato ad ammettere reati mai commessi; inoltre egli ribadì la necessità di abolire la pena di morte, in quanto il compito dello Stato non era quello di consumare una sorta di vendetta. La politica riformistica di alcuni Stati si concretizzò nell’adozione di nuovi codici penali e nuovi codici civili. Ad esempio il nuovo codice penale austriaco del 1787, voluto da Giuseppe II, affermò per la prima volta il principio dell’uguaglianza di tutti i sudditi di fronte alla legge. Sempre in Austria furono consentiti inoltre i matrimoni civili tra cattolici ed ebrei, fu concesso il divorzio, fu attenuata la censura sulla stampa.



     
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