IL NUOVO MONDO: VIAGGI D’ESPLORAZIONE E SCOPERTE GEOGRAFICHE TRA ‘400 E ‘500

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    IL NUOVO MONDO: VIAGGI D’ESPLORAZIONE E SCOPERTE GEOGRAFICHE TRA ‘400 E ‘500 (trattazione sintetica)

    Il paese che iniziò l’esplorazione dell’Atlantico, nella prima metà del XV secolo, fu il Portogallo, dove si era creata una forte alleanza tra il ceto mercantile e marinaresco e la dinastia d’Aviz, salita al trono sul finire del XIV secolo.
    In realtà esisteva già una comunicazione navale attraverso l’Atlantico, risalente al XIII secolo, ed era quella rotta commerciale che da Genova, passando attraverso lo stretto di Gibilterra, si dirigeva verso il nord per giungere ai porti delle Fiandre.
    Tuttavia questa via di comunicazione, in quanto si limitava a navigare lungo le coste dell’Europa occidentale, non ebbe quel carattere di assoluta novità che invece fu proprio dell’esplorazione portoghese.
    C’è da dire inoltre che, nella prima metà del 1400, le conoscenze geografiche risultavano ancora piuttosto limitate ed imprecise: ad esempio si pensava che il continente africano fosse molto meno esteso di quello che in effetti era e si credeva che fosse situato interamente nell’emisfero nord (boreale).
    Si riteneva altresì che la distanza che separava, attraverso l’oceano Atlantico, l’Europa dall’Asia fosse di gran lunga minore di quella effettiva, tanto è vero che Colombo pensava di raggiungere le isole giapponesi entro un tempo relativamente breve.
    Il Portogallo, per la sua posizione geografica e per il ruolo marginale che aveva sempre svolto nelle vicende europee, si presentava come una sorta di porta aperta sul misterioso oceano: pertanto, quando le condizioni politiche e le conoscenze tecnico-scientifiche lo consentirono, fu abbastanza naturale per i portoghesi avventurarsi nella navigazione atlantica in direzione sud-ovest.
    Decisivo fu, a questo proposito, il ruolo svolto da un principe della casa reale, Enrico, detto il “Navigatore” (1394–1460), il quale approfondì quelle tecniche della navigazione che resero possibile la costruzione della caravella, un tipo di imbarcazione particolarmente adatta per la navigazione oceanica.
    I portoghesi quindi, favoriti dalla loro posizione geografica, cominciarono ad esplorare le coste occidentali dell’Africa, scendendo gradualmente sempre più a sud: così vennero occupate prima Ceuta, nel Marocco, e poi le isole di Madera e delle Azzorre, tra il 1420 ed il 1430.
    La conquista portoghese della città di Ceuta avvenne nel 1415 e segnò l’inizio di una fase storica importantissima: le potenze cristiane cominciarono a colonizzare la parte settentrionale del continente africano.
    In particolare il Portogallo aveva capito bene che il suo avvenire stava nel continente africano e sulla costa occidentale del mondo allora conosciuto.
    Spingendosi lungo questa direttrice, i portoghesi scoprirono le isole di Capo Verde e raggiunsero poi il golfo di Guinea.
    Si stava aprendo così la strada verso la circumnavigazione dell’Africa: evidentemente le ragioni di tali esplorazioni non erano solo di natura geografica e tecnico-scientifica, ma anche e soprattutto di ordine economico.
    I portoghesi infatti cominciarono ben presto a catturare le popolazioni africane costiere, ritornando in patria con navi cariche di schiavi neri; inoltre essi cercarono e trovarono anche l’oro tanto che la costa occidentale del Ghana fu chiamata per questo Costa d’oro.
    Per agevolare e rendere più sicuri questi viaggi, i portoghesi cominciarono a costruire delle fortezze lungo la costa africana, le quali avevano una duplice funzione di scalo e di protezione militare.
    Occorre precisare a questo proposito che i portoghesi, come gli altri europei, si limitarono ad esplorare e conquistare le zone costiere dell’Africa, senza mai addentrarsi nel cuore del continente nero, che costituiva un luogo misterioso che incuteva paura: soltanto nei primi decenni del 1800 alcuni esploratori europei penetrarono nell’Africa interna, la cosiddetta Africa nera o equatoriale.
    Con il re Giovanni II maturò il progetto di circumnavigare l’Africa e si giunse così al viaggio di Bartolomeo Diaz, che nel 1487 raggiunse l’estremità meridionale del continente, chiamandola Capo di Buona Speranza.
    Al re del Portogallo si rivolse anche Cristoforo Colombo, che si era sposato proprio in Portogallo, per farsi finanziare il progetto di raggiungere le Indie (nome con cui genericamente si indicava l’Asia) navigando verso Occidente, poiché egli riteneva, basandosi sugli studi del geografo italiano Toscanelli, che la distanza esistente tra l’Europa e le isole giapponesi, per quanto sconosciuta, non fosse lunghissima e impossibile da percorrere.
    In particolare il sogno di Colombo era quello di raggiungere la Cina, di cui egli aveva avuto conoscenza indiretta leggendo le pagine del Milione di Marco Polo.
    Ma la corte portoghese si mostrò scettica e allora Colombo si rivolse ai “re cattolici” Isabella e Ferdinando di Spagna, i quali decisero di finanziare l’impresa.
    Nel 1492 il navigatore genovese effettuò lo storico viaggio che lo portò a sbarcare su un’isola delle Bahamas, da lui battezzata San Salvador; Colombo effettuò in tutto quattro viaggi in America e fu sempre convinto di essere giunto in Asia.
    L’eco dei suoi viaggi stimolò la nascita di altre iniziative: nel 1497 il veneziano Giovanni Caboto raggiunse, per conto della corona inglese, Terranova, il Labrador (1498) e le coste nord-occidentali degli attuali Usa.
    Tra il 1499 ed il 1502 il fiorentino Amerigo Vespucci, per conto prima della Spagna e poi del Portogallo, partecipò a due viaggi che esplorarono la costa atlantica dell’America meridionale: egli fu il primo a rendersi conto che si trattava non già dell’Asia ma di un nuovo continente, che fu poi chiamato America in suo onore.
    In quegli stessi anni, precisamente nel 1500, il portoghese Pedro Alvares Cabral raggiunse il Brasile (in realtà già individuato durante il primo viaggio di Vespucci), che da allora divenne possedimento portoghese.
    Tre anni prima, ossia nel 1497, un navigatore portoghese, Vasco De Gama, aveva doppiato il Capo di Buona Speranza (estremo sud dell’Africa), risalendo poi lungo la costa orientale dell’Africa ed arrivando fino in India.
    Si era aperta così quella via delle Indie, che fu ampiamente sfruttata dai portoghesi come via commerciale per l’approvvigionamento di spezie ed altri prodotti. In questo commercio marittimo con l’India i portoghesi mantennero, almeno fino al 1600, una sorta di monopolio, che fu poi messo in crisi da olandesi ed inglesi.

    IL NUOVO MONDO E LA NASCITA DEL COLONIALISMO MODERNO

    Il primo trattato internazionale relativo ai possedimenti coloniali atlantici fu il Trattato di Tordesillas, del 1494, stipulato tra i re di Spagna Ferdinando e Isabella e il re del Portogallo Giovanni, mediatore fu il papa Alessandro VI: i possedimenti vennero divisi dalla linea del meridiano, grosso modo i territori ad ovest delle Azzorre andarono alla Spagna, mentre il resto fu affidato al Portogallo.
    Tra il 1519 ed il 1522 Ferdinando Magellano, un portoghese al servizio del sovrano spagnolo, compì la prima circumnavigazione della terra: attraversato l’Atlantico, trovò un passaggio a sud-ovest (denominato poi Stretto di Magellano), che gli consentì di entrare nel Pacifico, dove occupò le Filippine in nome del re di Spagna.
    Magellano morì nel corso del viaggio e solo nel settembre del 1522 circa venti marinai, sopravvissuti all’impresa, raggiunsero le coste della Spagna.
    Nei primi due decenni del ‘500 la presenza dei portoghesi e degli spagnoli in America si limitò prevalentemente all’esplorazione delle isole ed alla ricerca dell’oro: ancora non era iniziata la conquista e la colonizzazione vera e propria della terraferma.
    Intorno al 1519-20 si aprì invece l’era dei conquistadores.
    Nel 1519 Hernan Cortes, con pochi uomini, mosse alla conquista dell’Impero azteco, situato nell’America centrale.
    La civiltà azteca si era sviluppata dalle ceneri della precedente e raffinata civiltà maya: i maya erano stati un popolo di agricoltori e di artigiani abili che, sebbene non avessero conosciuto l’uso del ferro, avevano tuttavia costruito grandi opere, come canali, strade, piramidi a gradoni; inoltre avevano acquisito notevoli conoscenze cosmologiche ed astronomiche.
    Gli aztechi avevano ereditato queste conquiste della civiltà maya.
    Cortès giunse, senza incontrare resistenza, a Tenochtitlan, la capitale azteca, dove fu accolto quasi come una divinità: gli indigeni non avevano mai visto uomini di razza bianca, né cavalli né armi.
    Il comportamento degli spagnoli fu feroce: fecero prigioniero lo stesso sovrano Montezuma II, per la cui liberazione chiesero un riscatto, e trattarono gli indios come schiavi.
    Costretto a fuggire da Tenochtitlan nel 1520 a causa di una rivolta degli indios contro gli spagnoli, Cortès ritornò dopo qualche tempo e pose l’assedio alla capitale, che venne quindi conquistata e distrutta.
    Sulle sue rovine gli spagnoli costruirono una nuova città, a cui diedero il nome di Mexico (la futura Città del Messico).
    Nel 1522 l’imperatore e sovrano di Spagna Carlo V emanò un editto con cui fondò ufficialmente la colonia denominata Nuova Spagna, comprendente il Messico e altri territori caraibici: Cortès ne divenne il primo governatore o vicerè.
    Qualche anno più tardi, nel 1531, un altro conquistador, Francisco Pizarro, mosse con pochi uomini alla conquista del Perù, nell’America meridionale, dove si era sviluppata la civiltà degli incas. La capitale dell’Impero degli incas era Cuzco.
    Quando Pizarro giunse nel Perù, il paese era lacerato da una guerra civile provocata dal problema della successione al trono, di cui Atahualpa era uno dei pretendenti. Pizarro riprodusse in Perù il comportamento feroce ed arrogante di Cortès: desideroso di impossessarsi dell’oro (il cosiddetto “tesoro degli incas”) con l’inganno catturò ed imprigionò Atahualpa, per poi farlo ammazzare, Cuzco fu saccheggiata, molti indios furono sterminati.
    Nonostante la forte sproporzione numerica esistente tra i pochi spagnoli e gli indigeni, gli spagnoli ebbero la meglio in virtù della netta superiorità militare dovuta all’uso dei cavalli e soprattutto delle armi da fuoco (cannoni e archibugi).
    Nel 1544 nacque una seconda colonia, denominata Vicereame del Perù o Nuova Castiglia, con capitale Lima (una città fondata dagli spagnoli), comprendente i possedimenti dell’America meridionale.
    Per occuparsi delle questioni relative ai nuovi possedimenti americani fu creato in Spagna un organo istituzionale apposito, denominato Consiglio delle Indie.
    Francia e Inghilterra giunsero più tardi alla formazione di colonie americane. Comunque intorno al 1534 una spedizione francese scoprì l’estuario del San Lorenzo e, risalendo lungo il fiume, arrivò fino a quel territorio dove sarebbe nata Montreal: in questo modo la Francia acquisì quella regione denominata Québec.
    La formazione di queste prime colonie fu giustificata formalmente attraverso un documento ufficiale (il cosiddetto Requerimiento) in cui si sosteneva che il papa avesse consegnato, in nome di Dio, quelle terre agli spagnoli e che quindi fosse dovere degli indigeni sottomettersi ad essi.
    Per le popolazioni indigene dell’America latina centro-meridionale la nascita delle colonie spagnole e portoghesi si risolse in una vera e propria catastrofe demografica: ridotti al rango di schiavi, sfruttati e sottoposti a lavori massacranti, gli indigeni americani contrassero inoltre le malattie degli europei (in particolare il vaiolo), rispetto a cui non erano immunizzati.
    Queste cause determinarono un rapido declino della popolazione indigena, tanto che molti storici hanno parlato, a questo proposito, di un vero e proprio genocidio perpetrato dai colonizzatori europei.
    Secondo alcuni storici la popolazione indigena presente all’inizio del XVI secolo si aggirava intorno ai 60-100 milioni, ma altri studiosi hanno contestato tale cifra sostenendo che essa raggiungesse al massimo i 50 milioni.
    Tuttavia, al di là di tale questione, resta il fatto grave che solo 10 milioni sopravvissero a distanza di un secolo. Guerre, massacri, epidemie e sfruttamento bestiale della forza lavoro nelle miniere e nelle piantagioni provocarono la morte di decine di milioni di indigeni: secondo il giudizio di alcuni storici, sarebbe stato questo il più grande genocidio della storia.
    Ciò fu possibile anche in virtù di un grave pregiudizio culturale in quanto, secondo la mentalità degli europei, gli indigeni americani non erano considerati veri e propri uomini.
    Molti intellettuali europei infatti, rifacendosi alle teorie di Aristotele, che aveva giustificato la schiavitù dei barbari (gli stranieri, i non greci), elaborarono la teoria della schiavitù per natura, cioè sostennero che quelle popolazioni primitive fossero costituite da uomini che nascevano naturalmente per essere schiavi.
    Lo sfruttamento disumano a cui furono sottoposti gli abitanti dell’America fu favorito dall’istituzione, fin dal 1503, della cosiddetta encomienda (= affidamento): essa stabiliva che ad ogni spagnolo fosse affidato un certo numero di indios, con lo scopo ufficiale di convertirli al cristianesimo.
    In pratica però gli spagnoli usarono l’encomienda per sfruttare il lavoro di decine di migliaia di persone ridotte al rango di schiavi.
    I primi a prendere le difese della popolazione indigena furono i religiosi, recatisi nel Nuovo Mondo per evangelizzarlo.
    In particolare si distinsero i domenicani e, successivamente, i gesuiti. Tra i domenicani merita senz’altro una segnalazione il frate Bartolomeo della Casa (Bartolomé de Las Casas), che acquisì una piena consapevolezza dell’ingiustizia che si stava perpetrando a danno di popolazioni innocenti.
    Tuttavia, proprio nello stesso periodo in cui la popolazione indigena cominciò a diminuire vertiginosamente, iniziò un flusso migratorio dall’Europa e dall’Africa verso l’America: infatti, insieme agli europei colonizzatori, giunsero ben presto anche i primi schiavi neri, catturati o acquistati lungo le coste dell’Africa e condotti nel nuovo mondo a lavorare nelle piantagioni.
    La deportazione forzata di centinaia di migliaia di uomini di colore, iniziata già nel XVI secolo, raggiunse il suo culmine nel 1700.

    LA NUOVA ECONOMIA

    Le colonie americane aprirono una nuova fase dello sviluppo dell’Occidente e consentirono alla Spagna di diventare la maggiore potenza economica del tempo: dall’America infatti giungevano in Spagna materie prime, prodotti agricoli ed alimentari sconosciuti in Europa, come il mais, i pomodori, le patate, le arachidi, i fagioli, il tabacco, il cacao e la coca; inoltre gli europei si accorsero ben presto che in America si potevano coltivare non solo i prodotti tradizionali dell’Europa ma anche quelli di origine asiatica, come il cotone e la canna da zucchero.
    Ma dal Nuovo mondo arrivarono soprattutto i preziosi metalli, in particolare argento e oro, che ebbero un forte impatto sull’economia spagnola ed europea.
    Nel Messico e nel Perù ad esempio, intorno alla metà del XVI secolo, furono scoperte ingenti miniere d’argento, la cui produzione, grazie anche alla scoperta di una nuova tecnica, fece registrare un eccezionale incremento.
    La nascita delle colonie americane segnò l’inizio di una nuova era dell’economia europea e mondiale: il Mar Mediterraneo, centro degli scambi commerciali per lunghi secoli, iniziò a perdere la sua centralità a tutto vantaggio del Mare del Nord e dell’Atlantico, in cui ormai si svolgevano i nuovi ricchi traffici e si tracciavano le rotte che conducevano alle fonti di una ricchezza enorme ed ancora non sfruttata.
    Per usare un concetto storiografico contemporaneo, elaborato dallo storico francese Fernand Braudel, nacque, tra ‘500 e ‘600, un nuovo sistema di economia-mondo.
    Secondo Braudel, l’economia-mondo costituiva un sistema basato sull’interdipendenza di tre aree: un centro produttivo forte, propulsivo e trainante, una zona intermedia che era in stretto rapporto di scambio con tale centro, e infine un’area periferica sottosviluppata, avente la funzione prevalente di fornire materie prime a basso costo alle prime due aree.
    Con le colonie americane nacque così una nuova geografia economica mondiale il cui centro si trovava nei paesi colonizzatori dell’Europa occidentale, detentori del potere finanziario, produttivo e commerciale; la fascia intermedia era costituita dai mercati delle zone europee non ancora molto sviluppate e la periferia era data dalle colonie del Nuovo Mondo o anche dell’Asia, che fornivano materie prime a basso costo, derrate alimentari, lavoro schiavistico, e costituivano altresì ulteriori mercati a cui rivendere una parte delle merci prodotte. Il sistema economico cominciò ad avere una dimensione veramente mondiale.

     
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  2. RASTYONE
     
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    TI VOGLIO BENE
     
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  3. =deBBy91=
     
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    CITAZIONE (RASTYONE @ 16/5/2008, 16:49)
    TI VOGLIO BENE

    :yeah: bene che ti sia servito^^
     
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2 replies since 21/12/2007, 16:28   10178 views
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